American Life
Era il 1999 e dopo due film televisivi, il giovane Sam Mendes firmò lungometraggio per il cinema. Il risultato fu "American Beauty", cinque Oscar e acclamazioni in tutto il mondo. Con un bigliettino da visita del genere, la carriera dell’ex marito di Kate Winslet (si sono separati poco dopo aver girato "Revolutionary Road") non poteva che continuare tra le grandi produzioni: attori famosi, budget alti e sceneggiature tratte dai migliori romanzi o autori che si trovassero in giro. Stanco delle aspettative, anche al box office, che si creavano intorno ad ogni suo lavoro, Mendes ha messo su una piccola produzione e si è affidato a due dei maggiori giovani esponenti, nonché marito e moglie, della letteratura contemporanea americana, ovvero Dave Eggers e Vandela Vida, per scrivere la sceneggiatura di una nuova storia, una piccola storia. Ecco per l’appunto "American Life", il racconto del viaggio di una giovane coppia alla ricerca del migliore posto in America in cui far crescere il bambino in arrivo (lei è incinta). I due vanno a trovare i vari parenti e amici sparsi per il continente, covando la speranza che un luogo li affascini così tanto da farne la propria dimora. Scegliere però non è facile e ovunque si rechino e da chiunque siano ricevuti, niente li soddisfa fino in fondo...
Come già spiegato, "American Life" è un film volutamente indipendente. E con ciò intendiamo la volontà di non usufruire di grandi mezzi economici e tecnici per la sua realizzazione, dentro c’è solo la voglia di raccontare. Ricomprendendo il film all’interno del cinema indipendente statunitense, se ne possono trovare alcuni, solite caratteristiche: l’apparente ingenuità e il candore dei protagonisti, l’intenzione di utilizzare la provincia americana come luogo emblematico dell’attuale malessere americano, il tema del viaggio e quello della poca considerazione del tema "denaro", mai scopo di vita, se non per la normale sopravvivenza e il ritmo lento e compassato della narrazione. La reiterazione con cui il cinema americano contemporaneo non di Hollywood si sta servendo di questi elementi, finisce con l’essere il vero limite di questi film, ormai diventati quasi prodotti in serie alla pari dei blockbuster tutti effetti speciali che spesso si criticano. Si capisce dove si vuole andare a parare già dopo pochi minuti, e il resto è un lento conto alla rovescia che in alcuni passaggi sembra non finire mai. E’ un peccato visto che Mendes è bravo nel creare alcuni alti momenti di tensione (come la scena dell’inseguimento della carrozzina) e dipinge con molta delicatezza il rapporto tra i due innamorati (citando, con un’inquadratura dall’alto dei due protagonisti stesi per terra, anche lo splendido "Se mi lasci, ti cancello"), tra dichiarazioni d’amore e voglia di vivere assieme in questo strambo mondo. Purtroppo però a livello di sceneggiatura (ed è un dispiacere doverlo rilevare visto che chi scrive apprezza molto il Dave Eggers scrittore, nonostante il suo solito pizzico di retorica radical-chic) che il film traballa: troppo facile il ricorso a tanti personaggi sempre estremi nella definizione dei propri difetti (dalla hippie degli anni 2000 alla famiglia ignorantona-conservatrice che mangia fastfood e canta l’inno americano), e troppo scontata la chiusura, un epilogo più furbo che poetico. Il risultato è un film che se l’avessimo visto dieci anni fa, avremmo parlato di un piccolo gioiello. Ora, dopo le tante considerazioni e i riflessi cinematografici dell’era Bush e dello spaesamento delle nuove generazioni in un Paese grande e dall’animo forse sconosciuto, "American Life" risulta fuori tempo massimo (in Italia oltretutto esce quasi un anno di distanza dal resto del mondo), nonostante i vari meriti di regia e cast. Peccato.

La frase:
- "Ci hanno comprato un passeggino"
- "Che c’è di sbagliato in un passeggino?"
- "Io amo i miei bambini: perché dovrei spingerli lontano da me?"

Andrea D'Addio

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