Astro Boy
Dal maestro Osamu Tezuka che lo concepì nel lontanissimo 1952 in forma di manga (dando vita al fumetto giapponese come oggi lo si intende), trasformandolo poi nel primo Anime della storia nel 1963, arriva al cinema il lungometraggio dedicato al piccolo Tetsuwan Atom, aka Astro Boy.

Siamo nel futuro, nella città di Metrocity. Il geniale professor Tenma è distrutto dalla morte prematura del figlio Toby. Per colmare la mancanza, Tenma realizza un cyborg a immagine e somiglianza di Toby. Quando però il cyborg apre gli occhi, dimostra di avere una coscienza e una volontà proprie. Nel tentare di conquistare l’amore sincero del suo creatore, diventerà l’eroe della città...

Un po’ Metropolis. Un pizzico di Pinocchio. Osamu Tezuka agli inizi degli anni Cinquanta aveva già preso quanto di meglio la fantascienza e la narrativa potesse allora offrire. Il suo Astro Boy ha il merito indiscusso di aver dettato le regole per il manga. Occhi grandi, tavole chiare, tematiche adulte attraverso un linguaggio semplice.
Astro Boy divenne presto il Micky Mouse giapponese, Osamu Tezuka da quel momento venne soprannominato "dio dei manga". Questa incarnazione cinematografica del suo Tetsuwan Atom è efficace, ma non certo priva di difetti. Si sente, evidentemente, l’assenza di una casa di produzione "forte" come potrebbero essere la Dreamworks o la Pixar, e si avverte un certo squilibrio nel gestire all’americana un soggetto intimamente giapponese. Scenari un poco spogli e "statici", animazione epica, ma allo stesso tempo macchietistica. David Bowers alla regia (dopo essere stato "aiuto" in Giù per il tubo), del resto, fa del suo meglio per non far sentire queste mancanze. Realizza una storia rocambolesca e piuttosto complessa, ma ben raccontata e cosparsa di elementi avvincenti. In particolare molto buona risulta proprio la crescita caratteriale di Astro, che da bambino abbandonato (echeggiando anche A.I. – Intelligenza artificiale), diventa un eroe consapevole della propria storia.

Buono, lasciando da parte i pregiudizi del caso, anche il doppiaggio.
La voce di Silvio Muccino (a sorpresa) risulta molto adatta al personaggio di Astro, mentre quella di Carolina Crescentini (nel ruolo dell’amica umana Cora) doveva essere forse meno rigida. Bravi anche quelli del Trio Medusa che fanno il minimo indispensabile... fortunatamente. Certo, nella versione originale il pubblico può godere delle voci di Kristen Bell, Nicolas Cage, Samuel L. Jackson, Charlize Theron e Bill Nighy, ma considerando quanto sentito in passato negli adattamenti italiani (qualcuno si ricorda Shark Tale?) direi che poteva andare molto peggio.

Insomma, il piccolo Astro Boy ce l’ha fatta anche questa volta. Forse non vince in un confronto diretto con le "grandi", ma siamo certi che riuscirebbe comunque ad arrivare in piedi alla fine del match e a esclamare: "Ehi, non mi hai ancora sconfitto!".

La frase: "Ehi, ho due mitragliatori sulle chiappe!".

Diego Altobelli

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