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X-Men - Giorni di un futuro passato











Sebbene il franchise cinematografico derivato dalla serie a fumetti creata da Stan Lee e Jack Kirby per la Marvel ci avesse lasciati al prequel “X-Men – L’inizio” (2011) di Matthew Vaughn, questo nuovo tassello racconta sì eventi successivi al terzo capitolo “X-Men – Conflitto finale” (2006) di Brett Ratner, ma che erano stati annunciati nell’epilogo di “Wolverine-L’immortale” (2013) di James Mangold.
E, con un incipit immediatamente all’insegna del tripudio di effetti digitali, sotto la regia del Bryan Singer che si era occupato dei primi due episodi è proprio il supereroe artigliato dal volto di Hugh Jackman a trovarsi a dover portare a compimento una nuova pericolosa missione: tornare con la sua coscienza negli anni Settanta al fine di impedire sia la costruzione di gigantesche sentinelle robotiche che sono una minaccia per i mutanti, sia lo scoppio della guerra destinata a trascinare il mondo in uno scenario apocalittico.
Missione affidatagli dai non più nemici Professor X e Magneto – ancora una volta incarnati da Patrick Stewart e Ian McKellen – e che, nel periodo dell’amministrazione Nixon, lo porta ad interagire con le versioni giovani dei due boss e di Mystica, rappresentate da James McAvoy, Michael Fassbender e Jennifer Lawrence come nella succitata pellicola vaughniana.
Ma, man mano che viene ribadito che l’umanità teme da sempre ciò che è diverso e che ritroviamo in scena, tra gli altri, Nicholas Hoult, Ellen Page e la vincitrice del premio Oscar Halle Berry rispettivamente nei ruoli di Bestia, Shadowcat e Tempesta, nel corso delle oltre due ore di visione abbiamo anche new entry del calibro dell’alfiere Lucas Bishop, ovvero l’Omar Sy di “Quasi amici-Intouchables” (2011), e del velocissimo Quicksilver alias Evan Peters. Del resto, compresa quella della tesa fuga dal penitenziario, sono proprio le divertenti sequenze che vedono coinvolto quest’ultimo a rientrare tra i momenti migliori dell’operazione, ricca di scontri corpo a corpo ed infarcita quando necessario di ironia.
Operazione che, nello spingere a chiederci se è vero che il futuro sia già scritto, suggerisce che una strada non è perduta per sempre neppure quando si sbaglia... fino alla tanto spettacolare quanto drammatica fase conclusiva di un cinecomic che rischia probabilmente di deludere i fan delle avventure disegnate, ma non quelli dei bockbuster hollywoodiani d’intrattenimento, qui alle prese con quello che si rivela uno dei più movimentati ed emozionanti appuntamenti della saga (sicuramente, il migliore dei tre firmati dall’autore de “I soliti sospetti”).
Piuttosto, non dimenticate la piccola sorpresa dopo i titoli di coda.

La frase:
"Il futuro è davvero già scritto?".

a cura di Francesco Lomuscio

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