World War Z
Su script del Damon Lindelof sceneggiatore di "Into darkness - Star trek" (2013) e del Drew Goddard autore dello splendido "Quella casa nel bosco" (2012), la fonte di partenza è "World War Z - La guerra mondiale degli zombi", romanzo horror fantascientifico post apocalittico che, con l’artificio di una raccolta di interviste e testimonianze dei fatti, porta la firma di Max Brooks, figlio del re della risata su celluloide Mel.
Romanzo rispetto a cui appare decisamente più movimentata questa trasposizione cinematografica che, operata dal Marc Forster regista di "Vero come la finzione" (2006) e dell’avventura bondiana "Quantum of solace" (2008), vede lo stesso produttore Brad Pitt nei panni di Gerry Lane, ex impiegato delle Nazioni Unite destinato ad avvertire immediatamente qualcosa di strano nell’aria dal momento in cui si trova bloccato nel traffico metropolitano insieme a moglie e figli.
Una situazione non poco vicina a quelle proposte da Roland Emmerich nei suoi disaster movie e che, sita all’avvio delle quasi due ore di visione, tra scontri di automezzi e agenti che sfrecciano in motocicletta rivela subito un mondo in preda ad un misterioso ceppo virale che ha finito per trasformare gli esseri umani in irriconoscibili, feroci creature.
Del resto, man mano che viene tirata in ballo un’escursione in Sud Corea e che assistiamo a una lotta con gli infetti sotto la pioggia, ancor prima che quello di un film di zombi è proprio il respiro di un disaster movie a caratterizzare l’operazione, incentrata in maniera particolare sulle dure ricerche effettuate dal protagonista, in giro per il globo, al fine di bloccare la pericolosa epidemia.
Quindi, chi si aspetta la tipica pellicola di morti viventi abbondantemente infarcita di momenti di cannibalismo e frattaglie sparse rischia di rimanere non poco deluso, in quanto, mentre troviamo in scena anche il nostro Pierfrancesco Favino, Forster fa del tutto a meno dello splatter e si concentra in particolar modo sulla spettacolarità; concependo sì lo zombie-movie più costoso della storia della Settima arte, ma anche uno di quelli tra i meno propensi a privilegiare il lato spaventoso dei mostri.
Con l’emozionante attacco a bordo di un aeroplano ad alta quota e la sequenza ambientata a Gerusalemme a rappresentarne alcuni dei punti migliori... per approdare all’originale trovata finale di un prodotto che, in fin dei conti, potrebbe essere tranquillamente visionato, con pop corn alla mano, più dagli spettatori maggiormente portati per i blockbuster d’azione che dagli amanti degli orrori su celluloide.
La frase:
"Ogni essere umano salvato è uno zombi in meno da combattere".
a cura di Francesco Lomuscio
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