Words and Pictures
Il professore che tutti vorrebbero avere. Il candidato all’Oscar Clive Owen è il protagonista della commedia “Words and Pictures”, diretta dall’australiano Fred Schepisi. Il cast d’alto livello è completato dalla protagonista femminile, la sempre affascinante premiata dall’Academy nel 1997 come miglior attrice non protagonista per “Il paziente inglese” Juliette Binoche. L’alchimia tra i due è incredibile sin dalla prima scena in cui entrano a contatto in una sala professori tipica delle scuole americane.
Poesia e pittura si sfidano in un’opera dall’idea accattivante, che però rimane ossidata esclusivamente sulla forza artistica dei due grandi protagonisti e non sullo script piuttosto debole e banale. La routine della prestigiosa Croyden Preparatory School, dove non si studia perché si sa già il college del futuro, viene sconvolta dall’arrivo della teacher d’arte Dina Delsanto. Il professore più simpatico dell’istituto, Jack Marcus, per tutti semplicemente Prof. Marc, viene attratto immediatamente e in modo fatale da lei sfidandola con i suoi interminabili giochi di parole. La crisi artistica di entrambi è forte e li accompagnerà per gran parte dell’intreccio attraverso la scoperta di un dramma neanche troppo nascosto per lui e particolarmente velato per lei. L’alcolismo e la malattia vengono trattate con sorriso, ironia e la giusta dose di serietà e insegnamento morale.
Concetti, frasi e poesie scorrono nei fotogrammi del lungometraggio stimolando lo spettatore a entrare all’interno di una sfida assurda, ma dallo scopo finale ben preciso: risvegliare le coscienze e la curiosità degli studenti. Delsanto e Marc si sfidano senza esclusione di colpi con le immagini e le parole al posto delle pistole e delle spade. Il duello finale li porterà vicini come non mai e a vivere delle emozioni che cambieranno la loro vita da alcolista di lui e la solitudine, dovuta alla malattia, per lei.
Clive Owen sembra in alcune scene il compianto Robin Williams de “L’attimo fuggente”, gli insegnamenti sottili e ironici sulla vita colpiscono in profondità lasciando qualcosa alla fine delle 2 ore scarse di film. I colori che si fondono insieme nei quadri della Delsanto e dei suoi allievi sono un inno alla gioia, bellissime composizioni in grado di colpire e rapire. Purtroppo la trama è sconclusionata, quasi frenetica e a tratti si fatica a tenere il passo con l’intreccio. Il rapporto padre figlio è solo accennato e mai approfondito, forse volutamente, ma nonostante ciò sembra buttato lì per riempire un vuoto di idee. Stesso possiamo dire per la sfida parole e immagini, vero background del lungometraggio, è costruita in modo scolastico e fin troppo semplice. Il quesito cui si tenta di trovare risposta è troppo elevato, ma comunque l’opera è stimolante e pienamente sufficiente. Il romanticismo dei protagonisti è intrinseco in ciò che rappresentano: le immagini si fondono con le parole in una danza narrativa che è la completezza stessa della comunicazione.
Il problema purtroppo non è né il punto di partenza, né quello di arrivo, ma la costruzione è povera di colpi di scena e la regia non regge il passo con le splendide prove dei protagonisti. Romanticismo e drammi personali in questo cocktail di parole e immagini, che si scontrano in un antico dilemma destinato a rimanere ancora una volta tale e incompiuto in quest’opera delicata e raffinata.
La frase:
"Le parole sono menzogne, le parole sono trappole".
a cura di Thomas Cardinali
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