White Material
La famosa regista e sceneggiatrice cinematografica francese Claire Denis, formatasi alla scuola di Wim Wenders e Jim Jarmusch, ha presentato alla 66a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica il suo nuovo lavoro "White Material" un anno dopo "35 Rhums". E’ una pellicola originale e diversa in qualche modo dagli altri lavori della cineasta anche forse a causa dei temi trattati così diversi e complessi. E’ un film sul colonialismo, ma anche sulle tragedie moderne, nato dalla collaborazione di Claire Denis con la giovane scrittrice di successo Marie Ndiave. Tutto si svolge in Africa, in particolare in Camerun in una provincia agricola quando la situazione politica e sociale si va riscaldando, il paese è sull’orlo di una guerra civile e qui vive la protagonista Maria, una donna giovane e forte, fiera e coraggiosa, ma soprattutto bianca. Nonostante i ripetuti inviti delle truppe francesi a lasciare il paese Maria (Isabelle Huppert) si ostina a rimanere lì con i suoi cari, ormai sono tre generazioni che la sua famiglia vive e coltiva il caffè, ossia il famoso oro nero, lì è nata e cresciuta, lì sono sepolti i suoi parenti e non vuole assolutamente allontanarsi. La sua forza e la sua ostinazione però la portano a sottovalutare il pericolo, anzi a rifiutarlo e a sentirsi come padrona del proprio destino e da qui scaturisce il conflitto. Il disagio, il malessere e il pericolo non vengono solo dal mondo esterno che sta rapidamente trasformandosi e diventando ostile per una bianca come lei, ma anche dall’interno del suo stesso nucleo familiare. Andrew (Christopher Lambert), infatti, il suo ex marito e padre del figlio più grande sembra essere l’unico a rendersi conto del grave pericolo che vive la sua famiglia e cerca in tutti i modi di portarli al sicuro in Francia. Per Maria lasciare il caffè è segno di debolezza, non vuole perdere ciò che ha, per Andrew invece è più importante la loro vita più che il caffè e la piantagione. Maria e Andrew sono personaggi poco chiari e definiti, solo la protagonista ha una connotazione evidente e chiara che la fa apparire preda della follia nel suo ostinarsi a non vedere la realtà così come è. Ricorda in questo alcuni personaggi della grande tragedia greca caratterizzati dalla famosa "Hýbris" di cui parla il celebre filosofo greco Aristotele (Stagira 384 a.C. – Calcide 322 a. C.) nella sua "Poetica". Maria pecca suo malgrado di tracotanza, eccesso e orgoglio, convinta di poter dominare il suo destino. Il tempo però scorre inesorabile. Il loro destino è legato ineluttabilmente alla realtà della terra che amano, infatti, i bambini soldato sono "alle porte" della piantagione nascosti nella fitta foresta e al tempo stesso la violenza, l’orrore e il tradimento si fanno strada. La sceneggiatura è molto complessa e lo spettatore scopre la realtà attraverso flash-back, realtà e ricordo si confondo sotto al sole cocente che illumina quella terra. Il ritmo del film è lento, quasi nel tentativo di far rivivere la realtà africana con i suoi ritmi vitali così differenti da quelli frenetici della città. I dialoghi sono pochi e molto rapidi, tutti i personaggi che sfilano sullo schermo sono mondi a se stanti, incapaci di comunicare fra loro, chiusi nelle loro posizioni, non c’è bisogno per loro di spiegazioni tutto è chiaro ai loro occhi. Ognuno di loro ha un modo di sentire e vedere la realtà, ma nessuno di loro a parte Andrew sembra cercare di tendere la mano per tentare un dialogo, solo la musica sembra capace di parlare veramente, accompagnata però dalla voce della radio clandestina che invita alla guerra, che avverte del pericolo, che informa! "White Material" è fortemente influenzata dai ricordi d’infanzia della cineasta cresciuta in Africa tra Camerun, Burkina Faso e Gibuti.

La frase: "Perdere un raccolto è peggio di un incendio".

Federica Di Bartolo

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