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False verità
Regista dalle atmosfere rarefatte e liquide Atom Egoyan porta sugli schermi l'omonimo romanzo di Rupet Holmes. Un testo che sembra scritto appositamente per le cifre stilistiche del regista canadese il quale, con una sceneggiatura articolata e molto elaborata, ne trae il succo più intimo e riposto. Ma, nel raccontare la storia della misteriosa morte di un'aspirante giornalista, trovata cadavere nella stanza di un lussuoso albergo occupata da due divi del teleschermo dell'America degli anni '50, Egoyan sembra dimenticare l'ingrediente essenziale di un thrilling: parliamo della suspense. Il film annoia, e un thrilling che annoia è un thrilling sbagliato.
Pur nelle briglie di uno script, come detto, sapientemente costruito, l'opera non spicca mai il volo forse perché troppo impegnata nel descrivere una vicenda iniziata vent'anni prima del racconto che ne fanno le due voci narranti che si alternano alla guida della narrazione, o forse perché troppo compiaciuta dalla complessa architettura che ne irretisce uno sviluppo avvincente. Egoyan, regista di maniera, seducente e affascinante, si blocca sul più bello accontentandosi di un buon compitino e di qualche frase ad effetto che rischiara dialoghi altrimenti privi di particolare spessore. Gira scene ad alto contenuto erotico e perverse, mettendo in luce l'intrinseca morbosità del rapporto tra i due colleghi e amici, ma non graffia come qualche mano più visionaria (pensiamo per esempio a Lynch) avrebbe potuto fare.
La storia è quella di una coppia di comici (Lanny Morris e Vince Collins) che al culmine della loro carriera si ritrovano morta nella loro suite di un albergo del New Jersey una giovane cameriera apprendista giornalista (Maureen). Vent'anni dopo, un'altra giornalista (Karen) - e da bambina sfegatata ammiratrice dei due comici - cerca di scoprire cosa è realmente successo quella notte indagando sulle vite dei due partners ormai divisi. Il parallelo, malizioso e pericoloso, tra le due figure di giovani giornaliste in cerca di gloria è evidente e la sfortunata sorte della prima potrebbe tenere in tensione lo spettatore per la sorte della seconda se non fosse per la compassatezza della direzione.
Protagonisti principali sono i due attori Kevin Bacon e Colin Firth, più bravi e credibili nelle scene in cui compaiono invecchiati in una ben ricostruita America dei primi anni '70. Alison Lohman - nella parte della giornalista Karen) - ha invece un'impassibile espressione anche nelle scene che avrebbero richiesto una maggiore partecipazione emotiva.
La frase: "Essere un bravo ragazzo è la cosa più difficile al mondo quando non lo sei".
Daniele Sesti
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