"Vittorio racconta Gassman", una vita da Mattatore
Per l’ex tennista Adriano Panatta era uno che voleva vincere sempre; secondo il compianto Dino De Laurentiis un talento unico, capace di spaziare da William Shakespeare a Mario Monicelli; mentre l’attore e impresario teatrale Carlo Molfese ne ricorda la natura timida e il press agent Enrico Lucherini il fascino che esercitava sulle donne.
Insieme a Franco Giacobini, Anna Proclemer, Agostina Belli, Roberto Herlitzka, Pippo Baudo e il Jean-Louis Trintignant che lo affiancò nello storico "Il sorpasso" (1962), sono solo alcuni dei nomi convocati da Giancarlo Scarchilli – regista de "I fobici" (1999) e "Scrivilo sui muri" (2007) – a ricordare l’indimenticabile Vittorio Gassman – l’ultimo dei grandi attori classici, o, probabilmente, il primo grande attore moderno – all’interno della risultante di 13 mesi di lavoro, 500 ore di materiali trascritti e acquisiti, 38 giorni di riprese e 60 di montaggio, con centinaia di foto e documenti originali e una cinquantina di interviste effettuate tra Italia, Francia e Los Angeles.
Circa 79 minuti di visione nel corso dei quali prendono la parola anche Sergio Castellitto, Ricky Tognazzi, Giancarlo Giannini, Gigi Proietti, lo sceneggiatore Ettore Scola ed i registi Federico Fellini, Daniele Luchetti, Paolo Virzì, Carlo Lizzani, Francesco Rosi e Marco Risi; oltre allo stesso Gassman, che, convinto che l’attore sia il corpo attraverso cui passano le grandi idee del cervello, se da un lato osserva ironicamente che una delle ragioni per cui si lavora a teatro sono gli orari, perché ci si alza alle due del pomeriggio e non si fa niente, dall’altro afferma che non si recita per guadagnarsi il pane, ma per mentire, in quanto si è bugiardi fin dalla nascita.
E, man mano che scorrono le immagini della trasmissione tv "Canzonissima", delle sue interpretazioni teatrali di "Amleto" e di diversi capolavori della settima arte che lo hanno visto protagonista, da "Riso amaro" (1949) a "Profumo di donna" (1974), passando per "I soliti ignoti" (1958) e "L’armata Brancaleone" (1966), è il figlio Alessandro a raccontare, tra l’altro, che da giovane il padre scriveva poesie e non pensava affatto ad intraprendere il mestiere dell’attore.
Ma non mancano neppure gli esercizi vocali cui si sottoponeva per modificare la propria voce, filmati riguardanti il Teatro popolare italiano, un ricordo del collega Salvo Randone, scomparso nel 1991, e, come il titolo stesso lascia intuire, lo spettacolo televisivo "Il mattatore", del quale parlano Giovanna Ralli e il giornalista Gianni Minà.
Ultimi nomi che citiamo, con Carlo Verdone, il musicista Nicola Piovani e il critico cinematografico Gian Luigi Rondi, al servizio di una interessante e commovente rievocazione per immagini il cui scopo è quello di far conoscere il percorso umano e artistico di una delle maggiori personalità dello spettacolo e della cultura italiana del XX secolo. Una personalità che, pur affondando le proprie radici nella tradizione del teatro classico, ha fatto di tutto per avvicinarvi le masse.
La frase:
"Vittorio era un talento unico".
a cura di Francesco Lomuscio
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