Un Été Brulant
Giusto il tempo di vedere sullo schermo il titolo di apertura, che abbiamo immediatamente la divina Monica Bellucci sdraiata, del tutto nuda, a mo’ di moderna Venere.
Però, chi era in cerca dell’ennesimo eroscandalo cinematografico incentrato sulla bella moglie di Vincent Cassel, comincia ad intuire che il "sessualmente spinto" non è di casa già dal momento in cui assistiamo allo schianto automobilistico del giovane Frédéric interpretato da Louis Garrel; che poi, attraverso un balzo indietro nel tempo, scopriamo essere un pittore che vive insieme alla donna, Angèle, la quale lavora come attrice in Italia.
Perché è proprio tra Roma e Parigi che il figlio della Nouvelle vague Philippe Garrel – regista di "Marie pour mémoire" (1967) e "La nascita dell’amore" (1993) – ambienta la storia sentimentale volta a tirare in ballo sia Paul, con le fattezze del Jérôme Robart di "Quello che gli uomini non dicono" (2006), che Elisabeth, con quelle della Céline Sallette (intra)vista in "Hereafter" (2010), entrambi lavoranti come comparse e destinati ad innamorarsi.
Fino a porre le due coppie in un appartamento della città eterna, sviluppando da un lato il rapporto tra i due amici uomini, i quali, oltretutto, parlano di guerre e di rivoluzione, e dall’altro le inevitabili conseguenze atte a delineare quella che possiamo tranquillamente definire una tumultuosa storia d’amore.
Un’esplorazione su celluloide della precarietà dei sentimenti e della vita, la quale, però, comincia a presentare i suoi difetti già a partire dalla risibilità di buona parte dei dialoghi (con il fondamentale contributo dei grotteschi esiti della prova drammatica bellucciana), pur essendo essi ridotti all’osso per privilegiare silenzi e atmosfere intimiste.
Per non parlare della sequenza di ballo con i quattro protagonisti, inutilmente lunga e capace soltanto di accentuare i lati negativi di un’operazione tanto banale, quanto lenta e fiacca.
E perfino il finale, che dovrebbe sorprendere lo spettatore, non risulta altro che ridicolo.
La frase:
"Frédéric è morto, era il mio miglior amico".
a cura di Francesco Lomuscio
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