Une place parmi les vivants
Raul Ruiz si presenta a Venezia con un genere che ultimamente non ha più il successo di un tempo: un noir cupo non solo nelle atmosfere, ma anche nei personaggi.
Un traduttore di romanzi rosa con aspirazioni da scrittore che si trova a cozzare costantemente contro il muro della sua inadeguatezza.
Un assassino che vorrebbe diventare un grande della sua "arte" e che la narrazione delle sue gesta come un corollario necessario per assurgere all'immortalità.
Qualche bionda conturbante.
Questi i tre ingredienti fondamentali per un cocktail che richiede protagonisti forti, determinati e affascinati.
Lo scrittore si trova improvvisamente tra le mani la più ghiotta occasione della sua carriera: una storia avvincente e vera. Peraltro l'assassino (dalle molteplici identità e dai molti nomi) ha finalmente il suo bardo, qualcuno che possa cantare le sue gesta e forse anche capirlo nella sua lucida follia.
Il manoscritto è un successo, ma sembra avvolto da misteri più grandi di quelli dichiarati e da una sorta di maledizione. In effetti può fare la fortuna di chiunque lo abbia e quindi può riaccendere antiche passioni o rinverdire vecchi rancori.
Ma sarà poi tutto così chiaro come sembra?
Ruiz non inventa nulla di nuovo sotto il profilo della storia e mette un pò di pepe qua e la per amantare il tutto di un'atmosfera pruriginosa e decadente che dovrebbe essere una sorta di marchio di fabbrica delle pellicole di genere. La vera impronta personale la lascia sulla regia con riprese circolari che evidenziano lo stato confusionale dei protagonisti o inquadrature sbilenche e forzate come la storia che racconta. Niente di nuovo per carità, però ben orchestrato anche se a discapito di un ritmo che, come vuole il noir, è decisamente "pacato".
Per gli appassionati del genere consigliamo "Tre punto sei" di Davide Rondolino. Un noir italiano dal gusto antico.
Valerio Salvi
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