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Unbroken











Il ritorno dietro la macchina da presa di Angelina Jolie con “Unbroken” era molto atteso e, come ogni opera di questa portata mediatica, è destinato a dividere. L’ex eroina di “Tomb Raider” aveva raccolto giudizi positivi per “In the land of blood and honey” (2011) narrando il conflitto nei Balcani, qui non cambia la tipologia di soggetto traslocando nell’abusato scenario della Seconda Guerra Mondiale. Il personaggio scelto è il famoso Louise Zamperini, atleta della squadra americana giunto quinto alle Olimpiadi di Berlino del 1936. Il protagonista è interpretato da Jack O' Connell, già visto in “300 – L’Alba di un impero”, e lo screen play è firmato dai fratelli Coen.
I presupposti per un prodotto vincente ci sono tutti, ma l’opera è difficile da giudicare. Il soggetto e la storia sono coraggiose, e in alcuni punti si vede anche una regia coraggiosa, come nei terribili giorni passati in mare aperto da Zamperini e i suoi compagni. Purtroppo spesso diventa prolisso e ripetitivo, come se fosse fatto appositamente per strappare lacrime e commozione. L’obiettivo è però centrato, con gli spettatori che rimangono concentrati sullo schermo per venire a conoscenza della sorte del malcapitato puntatore dell’aviazione americana. Questo per chi non conoscesse la storia, altrimenti la musica è ben differente. Il lungometraggio è l’ennesimo spot all’orgoglio americano, rappresentato da un uomo che non molla nulla lottando con le unghie e i propri denti per la sua vita prima in mare aperto, poi durante la detenzione nei campi di concentramento giapponesi.
Dopo una prima parte da protagonista il personaggio di O’Connell spartisce la scena con The Bird" Watanabe, rigido funzionario giapponese comandante del lager in cui è rinchiuso l’ex olimpionico. La fotografia a tratti è davvero bella, specialmente quando a farla da padrone è la parte paesaggistica. Roger Deakins è autore di un lavoro notevole, che si perde tuttavia quando l’occhio va sui protagonisti resi “troppo perfetti” per essere sottoposti a torture e percosse. I flashback interessanti della prima parte sulla carriera sportiva risultano fini a se stessi e non permettono di ampliare la caratterizzazione dei personaggi. La Jolie prova in alcuni aspetti a imitare Clint Eastwood, ma non ne ha l’esperienza e le innate capacità. Il film è molto lineare è quasi scolastico, ma non può essere una colpa. “Unbroken” appassionerà gli innamorati del biopic, ma deluderà coloro che amano il cinema moderno e ricco di colpi di scena dato che le 2 ore e 20 scorrono allo stesso modo. Angelina non rischia strappando una sufficienza piena per la qualità del prodotto, ma per continuare la carriera registica dandole un senso ci aspettiamo innovazione e originalità sin dai prossimi lavori.

a cura di Thomas Cardinali

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