Tuttifrutti
Il titolo richiama inevitabilmente alla memoria lo storico classico del rock’n’roll dello scatenato Little Richard, ma l’esordio dietro la macchina da presa per l’attrice Alessandra Alberti – il cui curriculum spazia da "Ivo il tardivo" di Alessandro Benvenuti a "L’ultimo bacio" di Gabriele Muccino – si svolge in realtà a Roma, nell’Italia del boom, alla fine degli Anni Cinquanta.
Ed è la stessa Alberti a (s)vestire i panni della bionda e sensuale Belle de jour, la quale riceve la sua clientela altolocata nel medesimo lussuoso palazzo in cui lavora anche la domestica Margherita, sposata con il tassista Mario. Per forza, tolta la parrucca bionda, Belle de jour è proprio Margherita, ad insaputa sia del marito che del migliore amico di lui Pietro, innamoratosi della donna dopo avervi condiviso una notte d’amore grazie all’intervento del deputato cui fa da autista.
Da qui, con un certo occhio rivolto verso il binomio Zavattini-De Sica, ma senza rinunciare a scelte tecniche tipicamente brassiane, prende quindi il via una romantica favola a tinte ironiche che, immersa nella bella fotografia dell’infallibile Blasco Giurato ("Nuovo cinema Paradiso") e caratterizzata da un più o meno evidente sottotesto politico, vuole Pietro alle prese con mazzi di fiori, messaggi ed appostamenti nel tentativo di rivedere Belle de jour, fino alla scoperta della sua vera identità.
Una favola romantica che cita tanta letteratura del passato, con l’aretino Francesco Petrarca in prima fila, e che racconta di tradimento mentre pone anche continui interrogativi su cosa sia veramente l’amore.
L’amore che l’autrice manifesta in maniera piuttosto esplicita anche e soprattutto per la Settima Arte, omaggiata con una piccola escursione nell’ambiente cinematografico dell’epoca, tra squallidi compromessi per ottenere il successo e divertenti riletture di Sergio Leone e dell’eroe tutto muscoli Steve Reeves alias Ercole.
Per un godibile esordio ben scritto e discretamente recitato cui possiamo rimproverare soltanto tracce di XXI secolo più volte finite nelle inquadrature e, soprattutto, un look generale che rimanda più al piccolo che al grande schermo.
Del resto, da Filippo Valle-Pietro a Paolo Calabresi-Mario, è proprio nei 4:3 che buona parte del cast ha approfondito la propria esperienza professionale.

La frase: "Correre dietro alle donne non ha mai fatto male a nessuno, è raggiungerle che è pericoloso".

Francesco Lomuscio

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