The Visit - Un incontro ravvicinato
Gli alieni ci guardano? Ci ascoltano? E che idea si sono fatti di noi? In THE VISIT il regista Michael Madsen ci racconta cosa succederà quando queste domande avranno una risposta: ovvero quando Loro verranno a trovarci. Un fanta-documentario, una finta storia vera che testimonia un evento mai accaduto, usando questo apparente controsenso per scardinare i nostri pregiudizi su noi stessi. Perché forse guardandoci da una distanza siderale riusciremo a vedere meglio ciò che siamo diventati. E immaginare di spiegare i nostri errori a un'intelligenza aliena sarà un modo per tentare di non ripeterli.
E’ questa la sinossi ufficiale di “The Visit - Un incontro ravvicinato” del regista Michael Madsen, che ha già diretto - tra i tanti - il pluripremiato “Into Eternity” nel 2010. Abbiamo sempre pensato di essere soli sulla terra, ma avere la certezza che in tutto l’universo non esistano esseri viventi diversi da noi è del tutto impossibile. E’ proprio questo lo scopo del documentario: far capire alle persone come sarebbe un primo ‘incontro ravvicinato’ con un’altra vita.
Il problema sta nel modo in cui il tema viene affrontato. Se da una parte abbiamo un effetto a rallentatore (ti permette di scrutare appieno l’ambiente e gli individui presenti, come se volessero farci capire che gli ‘estranei’ sono in mezzo a noi) molto suggestivo, che porta lo spettatore a guardarsi intorno e a credere che da un momento all’altro spunti un alieno davanti ai suoi occhi; dall’altra parte gli esperti tendono a parlare di tante cose senza dare una risposta precisa. Questo mi porta a domandarmi “che senso ha realizzare un lungometraggio su qualcosa che non è ancora avvenuto e di cui non abbiamo prove?”.
Vengono affrontati molti temi importanti, come la paura (noi tendiamo ad essere spaventati dall’ignoto), la pace (con tutti) e i valori. Eppure vengono mostrate immagini di un esercito pronto a combattere per la propria patria. Non che sia un male, ma viene da chiedersi se non sia normale che gli alieni pensino a noi come ad una possibile minaccia (sempre ammesso che esistano). La storia, comunque, segue una linea cronologica: le autorità scoprono dell’atterraggio di un’astronave aliena e, quindi, mandano uno scienziato ad analizzarla. Dopodichè le autorità devono capire quali informazioni sia meglio diffondere per spiegare la situazione alla popolazione e, infine, viene mobilitato l’esercito in caso di un attacco.
Nel progetto tutto ciò viene spiegato molto bene, anche se ho letto tanta ipocrisia nelle parole da loro dette, o meglio sottotitolate: si continua a ribadire che aiutare il prossimo è un valore morale, quando nella vita reale si fa ben poco per migliorare la vita degli altri. Ma non siamo qui a pesare le parole, quindi passiamo alla colonna sonora.
A colpirmi è stato, soprattutto, l’accostamento musica-immagine. Il suono e, in particolare, l’uso della musica classica era in perfetta sincronia con la scena o la fotografia mostrata, che - spesso - veniva poi interrotta da spezzoni a rallentatore o dalle numerose interviste ai vari ospiti.
Le inquadrature, che facevano apparire tutto così reale e misterioso, davano l’idea che qualcosa o qualcuno stesse guardando proprio gli spettatori, come se dovessimo aspettarci che da un momento all’altro succeda un qualcosa che poi non avviene.
Lo spettatore vive una sorta di alienazione, come se fosse allo stesso tempo uomo e alieno. Gli esperti, tra cui l’ex direttore dell’Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari dello spazio extra-atmosferico Mazlan Othman e il membro della Camera dei lord inglese Michael Boyce, rivolgono le loro domande direttamente agli “alieni”, guardando fissi la telecamera con uno sguardo quasi vuoto e spesso assente. Non so se avete presente la serie televisiva House of Card, ma il concetto è proprio questo: parlare allo spettatore per instaurare una sorta di intesa, di relazione tra lui e il personaggio.
Interessanti anche i contrasti di luci e colori, che ogni tanto sottolineano anche immagini inquietanti. Non vi preoccupate, non sto certo parlando di un horror. Vi confesso, però, che alcune scene mi hanno un po’"disturbata".
Ricordo anche che si tratta di un documentario di fantascienza, quindi non aspettatevi niente di emozionante e avvincente, perché sono semplicemente degli esseri umani che raccontano quello che pensano mentre attorno a loro il mondo va avanti.
Il regista Madsen è riuscito a mantenere per tutta la durata del progetto un livello umano. C’è da dire, però, che il tempo è passato davvero in fretta e solo un paio di volte, nell’arco di ben 90 minuti, ho sentito l’esigenza di controllare che ore fossero. Ovviamente, come in tutte le pellicole, ci sarà sempre quel momento di noia dovuto ad una determinata scena (non è interessante ai nostri occhi), o alla perdita di concentrazione.
Se volete un consiglio, a meno che non siate appassionati di extraterrestri e pellicole fantascientifiche, non spendete i vostri soldi. Se, invece, siete particolarmente legati al genere, vale la pena vederlo.
Il fanta-documentario uscirà nelle sale cinematografiche italiane il 2 settembre 2015.
La frase:
"Non vedo nessuno. Eppure sento molto bene".
a cura di Rosanna Donato
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