The Sun Also Rises
Quattro capitoli: Follia, Amore, Fucile e Sogno per un film che si potrebbe definire quasi un quadro astratto. Il regista (normalmente famoso come attore) Jian Wen, partendo dal romanzo di un suo connazionale, gioca con tempo, simboli e metafore per parlare della Cina e dei cinesi ai tempi della “grande rivoluzione culturale” voluta da Mao alla fine degli anni ’60. Solo avendo una buona conoscenza della storia e della cultura della nazione di Pechino è però possibile cogliere e apprezzare i tanti riferimenti e significati del film.
Il sesso, l’Unione Sovietica, la pazzia, l’amore, la morte e la nascita. Il registro narrativo è quello del grottesco, a metà tra la comicità demenziale e il dramma velato. Non si capisce quando, causa potenziale censura, non si può dire e quando semplicemente le scelte sono volutamente emblematiche (e cioè, ad esempio quando per parlare di sesso si indugia inquadrando parti sensuali del corpo femminile, o si strizza un asciugamano con fare sexy). I fili della storia vengono tirati solo nel finale. E’ lì che i tanti passaggi inspiegabili di tutta la parte precedente, assumono un qualche significato, se non definito, quanto meno concettuale. E’ la percezione, l’emozione diretta al centro della ricerca di un Wen, non troppo preoccupato di fornire una spiegazione a tutto. E così diventa fondamentale l’utilizzo che il regista fa degli altri aspetti principali che compongono la realizzazione di un qualsiasi racconto. Le splendide scenografie e la bella fotografia risaltano i paesaggi, sottolineando i diversi umori dei personaggi di volta in volta protagonisti. Gli attori sono sempre sopra le righe o enfatizzando fino all’esasperazione qualsiasi sentimento o irrompendo improvvisamente nella narrazione con uno stato d’animo diverso che da solo tende a spiegare un passaggio narrativo.
Reiterando alcuni rumori, o facendo della colonna sonora il collante di alcuni passaggi, il sonoro è un’altra delle componenti fondamentali del quadro.
Ne esce un film sicuramente difficile da capire, ma non da apprezzare e che concorre per il Leone d’oro al 64esimo Festival del cinema di Venezia.

La frase: "Niente capre sugli alberi?".

Andrea D’Addio

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