03 Settembre 2007 - Conferenza stampa
"The Sun Also Rises"
Intervista al cast.
di Andrea D'Addio
Alla conferenza stampa di "The sun also rises" sono presenti il reagita Jiang Wen e quasi l'intero cast, compreso il figlio di Jaycee Chan figlio di Jackie e la Joan Chen, di Twin Peaks. Il film è in concorso per il Leone d'oro della 64esima mostra del cinema di Venezia. In sala, a fine proiezione, qualche applauso, ma sicuramente non una standing ovation. Le domande sono state rivolte soprattutto per il regista.
Nel suo film è molto importante la musica e le canzoni.Come si muove quando deve sceglierle, quali criteri segue?
Jiang Wen: Partono da esperienze vissute in gioventù, racconti dei colleghi di studio, perfino canzoni che da piccolo mi cantava mia madre.
Nel film racconta quattro episodi diversi legati tra loro. Nonostante questo trovare i collegamenti e capire tutti i riferimenti è difficile. Non è un film lineare…
Jiang Wen: Il mio punto di vista è lontano dalla lettura che l'Occidente spesso cerca nei nostri film. Quella che offro sul mio Paese è piuttosto in chiave artistica. Lo chiamerei magismo realistico, una sorta di inversione alla cinese del realismo magico sudamericano.Il principale scopo del film è rappresentare emozioni e rapporti fra le persone. Sono nato nel 1963 e ho quindi vissuto in prima persona la Rivoluzione culturale. L'epoca storica fa però soltanto da sfondo ai veri protagonisti, che sono i sentimenti.
Nel primo e nell'ultimo episodio parla, latamente dell'Unione sovietica. Una ragione politica?
Jiang Wen: Il riferimento all'Unione Sovietica è autobiografico e privo di qualsiasi valenza politica. L'influenza russa, così come quella del Giappone e dei Paesi più propriamente occidentali, accompagna la nostra storia da più di 100 anni. Un elemento che ancora oggi pesa molto e allora si è rivelato determinante per la stessa Rivoluzione culturale.
Che idea avete della Rivoluzione culturale cinese?
Joan Chen: Fu un periodo particolare per la Cina, difficile parlarne così qui.Potrà sembrare assurdo, ma la Rivoluzione culturale era anche questo: perdersi in interminabili discussioni teoriche o scatenare un finimondo per scovare chi poteva aver toccato un sedere.
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