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The Danish Girl











Il film più controverso e destinato a creare scandalo alla 72esima Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia è sicuramente “The Danish Girl”.
L’opera di Tom Hooper, già acclamato dalla critica per “Il discorso del Re” e “Les Miserables”, riesce a trattare con estrema delicatezza e raffinatezza la delicata storia vera di Lili Elbe, il primo trans della storia che ora rivive sul grande schermo.
L’attore scelto da Hooper è stato Eddie Redmayne, straordinario premio Oscar per l’interpretazione di Stephen Hawking ne “La Teoria del Tutto” e qui nuovamente autore di una prova che lo candida di diritto sia per la Miglior Interpretazione Maschile al Festival di Venezia, che per i premi Oscar 2016. Qui, come nel film che gli è valso l’Academy Award l’attore è aiutato da una grande Alicia Vikander, che riesce a non essere mai troppo invadente, ma sempre complementare al compagno.
La storia è basata sul romanzo “Danish Girl” del 2000 scritto da David Ebershoff e racconta di come Einar Wegener, un pittore di discreto successo a Copenhagen e sposato con la moglie Gerda, abbia scoperto di essere una donna nel corpo di un uomo. I dipinti di Lili da parte della donna sono come un’anticipazione, come una radiografia che attraverso l’arte è riuscita ad aprire la cortina di fumo e a far emergere la vera essenza dell’uomo.
La pellicola ci racconta la vicenda in tutta la sua intimità, facendo rivivere i dilanianti conflitti interiori di Einar, che non riusciva ad accettare questo lato nascosto di lui. L’amore della moglie è commovente e supera anche queste difficoltà permettendo all’uomo di realizzare il suo desiderio e ritrovare se stesso. Nella società di fine ottocento chi viveva la condizione di Einar veniva bollato come schizofrenico dai medici e la disperata ricerca della coppia di qualcuno in grado di aiutarlo li ha portati a sperimentare la prima operazione della storia per diventare donna. I momenti dell’accettazione della sua condizione sono i più intensi di tutta la pellicola, con il talento di Eddie Redmayne che esce fuori in modo prorompente.
La bellezza del film non è soltanto nel talento dei due protagonisti, ma anche nello splendido palcoscenico in cui danno sfoggio delle loro abilità recitative: il film è stato girato a Copenhaghen in delle location splendide, con costumi che permettono di rivivere appieno il periodo storico della vicenda e musiche che trasmettono le emozioni provate da Einar/Lili.
Questo biopic storico contribuisce ad aprire lo scenario sul mondo transgender sotto una luce diversa, esattamente come accaduto in passato con l’omosessualità. La difficoltà maggiore di una simile operazione è cercare di raccontare una sessualità diversa dalla propria, ma Redmayne si è dimostrato davvero preparato ed è riuscito a entrare pienamente nella parte. In molti potrebbero vedere in lui una ripetizione della prova di Stephen Hawking, con la differenza che qui cammina sulle proprie gambe, ma in realtà non è così: il corpo di Eddie dice più delle sue stesse parole e riesce a scuotere interiormente con i propri gesti, anche i più semplici come provare le calze da donna.
Semplicità, delicatezza, raffinatezza e intensità sono i quattro aggettivi con cui etichettare “The Danish Girl”, il mezzo con cui Eddie Redmayne è entrato come un ciclone sulla laguna e con cui potrebbe entrare di diritto nel club di coloro che hanno vinto la statuetta per due volte consecutive, l’ultima volta tale onore era toccato a Tom Hanks con Philadelphia (1993) e Forrest Gump (1994).
L’attore con il volto da eterno adolescente è esploso a 32 anni e sembra aver finalmente trovato i ruoli che meglio gli permettono di esprimere le proprie qualità, per la gioia degli amanti della settima arte.

La frase:
"Non posso morire nella palude, la palude è dentro di me".

a cura di Thomas Cardinali

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