The blood and the rain
Cominciamo subito con una notte buia e piovosa a Bogotà, dove il tassista Jorge (Quique Mendoza), assetato di vendetta nei confronti dei criminali che hanno ucciso il fratello, incontra casualmente la bella cocainomane Angela (Gloria Montoya), la quale vaga per la città nel probabile tentativo di dare un senso alla propria vita che sembra essere priva di speranza.
Ed è proprio sul rapporto tra i due bravi protagonisti, vagamente accomunabili alla coppia Christian Later-Patricia Arquette del tarantiniano "Una vita al massimo", che l’esordiente Jorge Navas – con alle spalle cortometraggi e videoclip – costruisce principalmente il film dal punto di vista narrativo, immerso nella bella fotografia di Juan Carlos Gil, dispensatrice di toni cupi e immagini ricche di contrasti.
Immagini che, tra ospedali, appartamenti fatiscenti e locali di striptease, permettono alla bagnata capitale colombiana di trasformarsi nel vero punto di forza dell’operazione, assumendo le fattezze di una sorta di squallido inferno notturno, a cielo più o meno aperto, tempestato di droga, belle donne poco vestite, uomini violenti e spargimenti di sangue misto all’acqua piovana.
E Navas, il quale sembra guardare in parte allo scorsesiano "Taxi driver", in parte a "Collateral" di Michael Mann, gira i circa 100 minuti di visione sfoggiando una buona capacità tecnica, ma rischiando solo di renderli più volte eccessivamente lenti, a causa di momenti affrontati attraverso tempi forse un po’ troppo dilatati.
In ogni caso, rimane da dire che perfino i latinoamericani hanno cominciato a capire l’importanza del cinema di genere, dalle nostre parti finito in innocue e irrilevanti fiction televisive, anche perché il grande schermo tricolore sembra preferire tarde celebrazioni del ’68 e resoconti in due camere e cucina tutti uguali a se stessi.
D’altra parte, presente alla 66ª edizione della Mostra d’arte cinematografica di Venezia con il suo film d’esordio "La doppia ora", in riguardo a "La sangre e la lluvia" il nostro Giuseppe Capotondi ha dichiarato: "L’opera prima che avrei voluto fare io".

La frase:
- "La storia di tuo fratello è successa da poco?"
- "Da 15 giorni"

Francesco Lomuscio

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