La banda
“La banda” è il primo lungometraggio del regista israeliano Eran Kolirin. La pellicola narra le vicissitudini della banda musicale della polizia di Alessandria invitata a suonare all'inaugurazione di un centro culturale arabo in una grande città israeliana. Arrivati all’aeroporto, però, non trovano nessuno ad aspettarli e decidono di arrangiarsi da soli, ma per un errore di pronuncia si ritrovano in una piccola città costruita nel nulla, in mezzo al deserto.
Impossibilitati a ripartire troveranno ospitalità presso alcuni abitanti della città.

Il film, che si apre con immagini surreali ed estranianti, proprio come la storia che racconta, concentra poi tutta la sua attenzione sui rapporti umani che si creano tra persone di culture diverse che si trovano spesso a combattersi.
Non si parla di politica o religione, ma di gente comune che si trova a convivere, a fornire e ricevere ospitalità, ognuno offrendo ciò che ha: un giovane orchestrale egiziano con la passione per le belle donne insegna ad un giovane israeliano imbranato come conquistarle, un altro trova il modo di finire di scrivere un concerto grazie all’aiuto di un ragazzo israeliano, la proprietaria del ristorante offre, oltre al cibo e ai letti, tutto il suo cuore.
Non c’è mai folklorismo nella rappresentazione dei personaggi e della loro quotidianità, né facili patetismi, ma la nostalgia di una realtà che è andata scomparendo, quando ancora in Israele si potevano vedere i film egiziani con Omar Sharif.
In questo affresco ad unire tutti gli uomini oltre all’amore c’è la musica, che parla un linguaggio universale che tutti conoscono e capiscono, nel doppiaggio italiano si perde la difficoltà dei personaggi a parlare tra di loro attraverso una lingua che non appartiene né agli uni, né agli altri che è l’inglese.

E’ bravissimo Eran Kolirin ad alternare momenti comici ad altri più amari e introspettivi, regalandoci una commedia agrodolce, intelligente e profonda.
Un piccolo film che vorrebbe unire, ma che nei paesi arabi è stato vietato.

La frase: "Qui non ci sono centri culturali. Non c’è cultura né araba, né israeliana. Qui non c’è cultura".

Elisa Giulidori

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