The Ape
"The Ape" in svedese "Apan" è la cupa pellicola di uno dei registi svedesi più provocatori di questi ultimi anni, Jesper Ganslandt. E’ il secondo film diretto da Ganslandt dopo "Fakenberg Farewell" del 2006 e mostra una certa originalità anche grazie al metodo non convenzionale di girare il film: l’attore protagonista Olle Sarri, infatti, non ha avuto il permesso né il modo di leggere il copione completo, ma ha dovuto costruire ogni scena conoscendo solo la parte della sceneggiatura che sarebbe stata girata, cosa che ovviamente ha reso più difficile il suo lavoro. Il sistema applicato dal regista ha, infatti, spinto l’attore a cercare di immedesimarsi totalmente negli stati d’animo del personaggio, senza però esagerare quegli elementi recitativi troppo caricaturali e anzi favorendo un taglio del protagonista più mimetico e ambiguo. Quest’ultimo elemento impreziosisce la pellicola che, oltretutto, sembra rallentare nel ritmo forse nel tentativo di esprimere gli stati d’animo del protagonista, soffermandosi così sui particolari della natura e del paesaggio che lo circonda, un esempio è il volo degli stormi nel cielo bigio per le nuvole cariche di pioggia. E’ la storia di Krister, marito e padre, che si sveglia in bagno completamente coperto di sangue, un risveglio sconvolgente che porterà l’uomo a fare delle scelte estreme, a cercare di rifuggire la sua natura, a confrontarsi con la vita quotidiana da cui ora è estraneo. Krister è un solitario, avulso dalla vita di tutti i giorni cui cerca di aggrapparsi con tutte le sue forze, cercando di rifuggire dal peccato, dall’orrore che ha commesso attraverso il ritorno ai giochi dell’infanzia, attraverso la morte e infine attraverso il pentimento e la richiesta di perdono rivolta a Dio. Improvvisamente il protagonista si trova a vivere un percorso interiore costituito da diverse fasi, momenti che il pubblico conosce e che si aspetta. Il regista Ganslandt non indaga sulle ragioni scatenanti l’efferato e brutale atto, non gli interessa conoscere la realtà nel suo aspetto di causa-effetto, sono i sentimenti, l’angoscia e il mutamento ad interessare la sua mente e il suo occhio. Il film è costituito da stilemi ed elementi classici, i dialoghi sono scarni e ricchi di quei monosillabi che la tecnologia, la modernità e soprattutto la quotidianità impone all’uomo. Il percorso interiore forse "formativo" di Krister è già precostituito, ed è già stato stabilito da molta letteratura. Come già detto prima, volge il suo sguardo alla sua "età dell’innocenza" di quando era fanciullo e qui, anche se solo per qualche attimo, sembra riuscire a superare le sue angosce, ma l’ombra racchiusa in lui è in agguato! Non resta che la fuga cieca che lo spinge a vagare per la città, a toccare ciò che ormai gli è estraneo e insulso, verso cui non prova nulla, ma l’uomo è per natura un "animale" socievole e la disperazione sfocia in un tentativo di suicidio. Non può che portarlo fra le braccia di Dio e della Sua Misericordia, è questo ciò che il regista sembra voler esprimere. La pellicola sembra acquisire un carattere religioso ed è connotata da una certa dose di simbologia come l’idea dell’acqua che deterge e purifica, cancellando la macchia del peccato. Gli elementi si mescolano fra loro in maniera armoniosa anche grazie al ritmo lento della pellicola, che cerca di rappresentare il “flusso di pensieri” dell’uomo e del suo animo, il suo continuo mutare. Il vero interesse del cineasta in "The Apen" è dunque il cambiamento, espresso in un dissidio interiore dell’uomo che oscilla tra bene e male. Forse è proprio questo contrasto che lo rende diverso dagli animali e così vicino, e al tempo stesso distante, anche dalle scimmie, con cui ha un antenato in comune.

La frase: "Il rapace più grande è affamato e lui è più piccolo... e viene mangiato".

Federica Di Bartolo

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