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Tartarughe sul dorso
Ripensare alla propria vita come ad una serie di occasioni mancate, di persone sfiorate, di frasi non dette, di situazioni perse è forse la cosa peggiore che possa succedere ad una persona. Lui e lei si conoscono da bambini, poi si perdono. A legarli, una tartaruga e la voglia, seppure inconscia, di ritrovarsi. A dividerli, la vita con tutti i suoi strani percorsi e le sue strane macchinazioni. Trieste, città malinconica, di confine, città sempre alla ricerca di una sua identità eppure con una identità fortissima, fa da scenario ad una storia di amore post moderno, un amore che va oltre i canoni classici, un amore che rompe ogni regola, un amore per nulla tenero e affatto scontato. Non ci sono nomi, i due innamorati (se così si possono definire) potrebbero essere chiunque, così come non ci sono scelte logiche. Tutto è immediato, istintivo. Dopo una serie di incroci fortuiti e casuali, in cui si toccano fuggevolmente, i due si ritrovano in una sala operatoria e finalmente si riconoscono, ma a questo punto il sogno si trasforma in realtà ed il risveglio, per quanto possa sublimare i sensi, non riesce a soddisfare lo spirito.
Il racconto si snoda a partire da una partita a scarabeo giocata in un parlatorio di un carcere e quando questa finisce, non ci sono né vincitori né vinti...tutto è rimandato alla prossima visita. A tratti seguire la trama diventa complicato sia perchè i dialoghi spesso sono assenti e il montaggio non segue una sequenza temporale (si raccontano sette anni intensi, ricchi di vicende analizzate da diversi punti di vista e di persone che intrecciano il loro destino a quello dei protagonisti), sia perché i fini del regista spesso restano incomprensibili. Ho trovato questo film inquietante e molto triste: tutte le vie di uscita che i due protagonisti riuscivano a intravedere svanivano nel nulla lasciandoli sempre e comunque nella più cupa disperazione, proprio come due tartarughe, che per quanto forti e corazzate non riescono a sopravvivere se riverse sul dorso. Un melodramma anomalo che strizza l'occhio alla tragedia e va a braccetto con la nostalgia.
Teresa Lavanga
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