Tai Chi 0
Chi è Yang Luchan? È un giovane guerriero che sogna di perfezionare le arti marziali. Ha uno stranissimo segno sulla fronte, una deformità che funge da interruttore, innesco e valvola di sicurezza: ma scopre che la Macchia può dargli la morte e decide di reagire. Per raggiungere il suo pieno potenziale senza rischiare la vita ad ogni passo, quindi, Luchan non può non rivolgersi agli abitanti del villaggio Chen e sperare che si decidano a condividere i loro segreti con lo straniero. Siamo in pieno territorio Wuxiapan, la cappa&spada made in China, dirà chi il genere lo mastica... E invece no. O meglio, non solo: quando la quiete del villaggio Chen sarà messa in serio pericolo a causa dell'arrivo di un intero squadrone steampunk (e la nave per la commedia grottesca sarà salpata a pieno regime, con tanto di iconcine videogiocabili in sovraimpressione e punti esclamativi che quasi bucano lo schermo, oltre a un megagalattico robomostro costruisci-ferrovie), la sensazione di trovarsi davanti a una scommessa originale diventerà molto forte.
Presentato fuori concorso alla 69^ Mostra del Cinema di Venezia, Tai Chi 0 presenta i suoi personaggi con cenni e noticine a schermo sulla vita vera degli attori, riscrive le regole di un ideale gioco sasso-carta-forbici col Male permettendo a pannocchie e avocado di battere le pallottole dei supercattivoni, plasma gli snodi narrativi all'insegna della parodia. E manda avanti veloce i titoli di coda pur di regalarci uno sneak-peek sul prossimo titolo della saga.
Stephen Fung, prima attore ora regista, è autoironico, vezzosetto, ammiccante; trascina lo spettatore in una girandola di curiose trovate, inserisce una sottotrama romantica rassicurante e banalotta, cesella i protagonisti con l'accetta. Èd è prevedibile nei suoi plot principali, sorprendente negli esiti pirotecnici che spande in sala e piuttosto farraginoso quando si dilata oltre la metà, perso a giustificare l'abbocco al sequel (e al sequel del sequel) col rischio, preso in pieno, di perdere in levità. Tai Chi 0 sarà sicuramente un gioiellino di genere, deliziosamente sfacciato com'è: ma difficilmente potrà conquistarsi un pubblico ampio, fuor dalle acque degli aficionados di settore, proprio per quell'ibrida duttilità da ridere che per altri versi ne è punto di forza.
La frase:
"Corno in testa!".
a cura di Domitilla Pirro
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