L'uomo d'acciaio
Che piaccia o no, quando in futuro studieremo la Storia del cinema e ci imbatteremo nel capitolo riguardante i supereroi e il grande schermo, un nome spiccherà sugli altri. Ed è quello di Zack Snyder.
Il regista statunitense ha il merito di aver cercato (e a volte trovato) il giusto equilibrio tra epica del super uomo e narrativa, tra immagine e mito, tra graphic novel e mezzo cinematografico. Pompando, esagerando, fuoriuscendo dagli schemi sia visivi che narrativi, ma sempre perseverando con piglio curioso e sperimentatore. Il suo "300" era una esperienza visiva che lasciava semplicemente basiti, e questo al di là del mero gusto personale sul film. Una di quelle cose che "vanno" viste almeno una volta. "Watchmen", dal canto suo, malgrado poco riuscito sul piano formale, ha avuto il merito di rompere un tabù. Fino ad allora, infatti, proporre il romanzo di Alan Moore sul grande schermo era impensabile.
Così è interessante vedere come Zack Snyder, anche dopo il flop di "Sucker Punch", continui a interrogarsi sul tema del superuomo al cinema. Lo fa con Superman. E il risultato farà ancora una volta discutere.
Reboot cinematografico de "L’uomo d’acciaio". Il pianeta Krypton è al collasso. I kriptoniani sono prossimi all’estinzione dopo aver abusato di poteri, mezzi e tecnologie. Jor- El decide in inviare il proprio figlio Kal sul pianeta Terra così da dare una chance alla propria stirpe di continuare a vivere. Sulle tracce del figlio però c’è il terribile generale Zod che vuole sfruttare questa occasione per piegare la volontà del ragazzo e conquistare la Terra...
Non era una prova facile da superare, questa. Forse perfino più difficile di quella di "Watchmen". Riproporre al cinema il super eroe per eccellenza, Superman, poteva apparire ai più come un vano tentativo di rilanciarsi con un personaggio che a occhio e croce aveva già detto tutto dopo il "Superman Return" di Bryan Singer. Zack Snyder invece questa volta stupisce tutti. "L’uomo d’acciaio" è semplicemente uno dei film più spettacolari della storia del cinema.
E il commento al giudizio suonerebbe così: per aver sperimentato, unito e fatto convergere più idee visive (dalle accelerazioni, ai piani sequenza, dal montaggio al rallenty, fino a richiami alle più moderne tecniche dell’immagine) in uno spettacolo omogeneo che stupisce, ammalia e coinvolge lo spettatore in ogni singolo fotogramma. Più nel dettaglio potremmo dire che le scene di distruzione sono tra le migliori mai viste, seconde forse solo a "La Guerra dei mondi" di Spielberg. Che i combattimenti appaiono incredibilmente realistici e spettacolari, con una attenzione ai particolari che ha del maniacale. Certo si esagera, e parecchio. Ma va bene così. Il Superman di Zack Snyder si discosta da quello di Synger o Richard Donner perché reinterpreta il personaggio, proponendolo sotto una veste... aliena (e anche perché a ben vedere questo è Superman, un alieno). Seguendo il soggetto di Christopher Nolan (qui anche in veste di produttore), Snyder si ispira poi alla graphic novel "Earth One" di J. Michael Straczynski (uno dei più quotati scrittori di fumetti degli ultimi dieci anni, autore tra l’altro di un lungo - e controverso - ciclo di storie di Spider-man...) e a "Superman: Birthright" di Mark Weid per confezionare una prima parte dove si rileggono (con un furbo uso del flashback) le origini del personaggio. Una prima parte dal respiro epico, vagamente ridondante nei dialoghi, ma mai retorica, che riesce a trasportare lo spettatore nel giusto stato d’animo per ciò che avverrà nella seconda parte. Nella seconda parte del film, infatti, Snyder si lascia andare al suo stile eccessivo. Tutto si fa caricaturale (come un fumetto?), estremo, eccessivo. Il pianeta Terra rischia un collasso da panico. I morti ammazzati sfuggono all’occhio della telecamera, ma c’è da scommetterci sono davvero tanti. E Superman allora salva il salvabile. Cerca la mediazione, poi si finisce a cazzotti come da tradizione. Nulla di nuovo, verrebbe da dire, invece il pathos che raggiunge in certe scene il film di Snyder fa venire voglia di alzarsi dalla poltrona e parteggiare col protagonista. Uno spettacolo.
Ottimo il cast. Bravo soprattutto il protagonista britannico Henry Cavill (proveniente dalla serie "I Tudors") che col suo fisico sa interpretare in modo convincente sia il passato da vagabondo che il presente da superuomo. Inoltre, non sfigura neppure davanti a premi Oscar del calibro di Kevin Costner e Russell Crowe. Meno in parte forse Amy Adams ("Come d’incanto") nel ruolo di Lois Lane.
Prima del giudizio finale vale la pena sottolineare l’accompagnamento sonoro firmata dal mitico Hans Zimmer, l’autore delle musiche de "Il re leone", "Mission: Impossible", "Il gladiatore" e "Inception" tra gli altri. Le sue musiche riescono a regalare a ogni scena il giusto respiro epico. Uscirete dalla sala sentendole ancora nella testa.
Il Superman di Zack Snyder, "L’uomo d’acciaio", è una bellissima interpretazione del concetto di superuomo al cinema. Epico, straniante, impossibile. Un film che affascina e fa venire voglia di essere visto e rivisto. Non ha sbavature di rilievo, anche quando la storia incalza nel caos. Visivamente paragonabile a poche altre cose del cinema e come pochi altri film riesce ad amalgamare pathos e spettacolarità in un equilibrio quasi perfetto. Incarna l’epica moderna al cinema. Il super uomo che sfida se stesso sul grande schermo in prove degne di un dio. Nietszsche ne avrebbe scritto fino alla morte. Dopo "Spider-man" e "Batman", chi vuole vedere un supereroe, da oggi, guarda più in alto. Il primo supereroe della storia dl fumetto, il re dei comics, è tornato. Splendido.
La frase:
"Devi decidere che tipo di uomo vuoi diventare da adulto".
a cura di Diego Altobelli
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