Supercondriaco - Ridere fa bene alla salute
Romain Faubert (Dany Boon) è un caso perso: infantile, pedante e ipocondriaco rischia di rimanere scapolo. Le sue nevrosi annoiano e imbarazzano i pochi amici che gli restano e tengono a debita distanza le donne. A trentanove anni, sembra destinato alla solitudine. L’unico che prende a cuore il suo caso, per quanto contro voglia, è il dottor Dimitri Zvenka, suo medico curante: lo ascolta, lo rimprovera, lo aiuta e finisce sempre per pentirsene amaramente. Esasperato dalle manie dell’amico, vorrebbe chiudere ogni rapporto, ma non ci riesce mai. Glielo impedisce una sorta di tenerezza mista a senso di colpa che si ostina a non voler chiamare amicizia. D’altra parte, Dimitri è convinto che la soluzione definitiva alle nevrosi e alle paranoie di Roman è di trovargli una donna che lo accompagni e lo sopporti per la vita. Per questo organizza feste in casa, lo sprona, gli fa fare sport, gli spiega come comportarsi per risultare affascinante. Giunge persino a iscriverlo a un sito internet di incontri, ma ogni tentativo scivola nel ridicolo e i due sembrano perdere le speranze. Soltanto un incontro surreale e un equivoco esilarante consentiranno a Romain di risolvere ogni suo problema.
Commedia dell’assurdo, giocata sui fraintendimenti e sulle esagerazioni, Supercondriaco è un film che diverte. Ogni personaggio è la caricatura di se stesso e in tale veste mantengono una coerenza intrinseca che dona solidità al film. L’intreccio narrativo si snoda in un crescendo di avvenimenti e malintesi sempre più inverosimili, senza scadere tuttavia nel patetico. Lo spettatore partecipa delle peripezie del malato immaginario e finisce per prendere le sue parti in ogni sua avventura. Il tema dell’ipocondria è affrontato con un’ironia che non risulta mai gretta o insensibile. L’angoscia continua della malattia e la tendenza alle autodiagnosi sono il vero protagonista del film.
Lo stesso Dany Boon, d’altronde, regista e attore principale, non nega di essere profondamente complice del suo personaggio e afferma di aver utilizzato l’autoironia per esorcizzare le sue stesse manie, riuscendo a far ridere gli spettatori ridicolizzando innanzitutto le sue paure più ingiustificate. “Più una storia è sincera e personale”, ha affermato in un’intervista, “più la commedia sarà efficace e ci si potrà spingere oltre, esplorando il delirio e la follia”. Il risultato, effettivamente, è proprio questo: Romain Faubert è, tra le altre cose, maniaco dell’igiene, avendo terrore di ogni sorta di microbi e germi. “Anche io”, prosegue il regista, “apro le porte con i gomiti e mi lavo le mani se per caso ho digitato un codice su un apparecchio. Anche io preferirei cadere dalle scale piuttosto che tenermi al corrimano”. Forse è proprio questa immedesimazione con il protagonista, per quanto indubbiamente esasperata, a rendere estremamente realistico il protagonista, nonostante l’assurdità delle vicissitudini che affronta.
Unica pecca per una commedia che vorrebbe essere leggera e spensierata è il fatto, in alcuni tratti, che risulta po’ ripetitiva.
Forse, se fosse stata più breve e compatta, l’intero film ne avrebbe giovato.
La frase:
- "Grazie davvero per aiutarmi, Dimitri"
- "Non devi ringraziarmi, Romain: lo faccio per liberarmi di te".
a cura di Simone Arseni
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