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The Twilight Saga: Breaking Dawn - Parte Prima
Il terreno è minato. Impossibile avvicinarsi al filone fanta-Harmony in generale e a Twilight in particolare senza ferire mortalmente il fandom, ormai lo sappiamo: il fenomeno è su scala tanto vasta che appare inarrestabile, secondo (e non è detto) solo a quello potteriano quanto alla potenza del marchio pop.
È tutta una questione d'età, probabilmente, non anagrafica ma interiore. Bisogna infatti essere teenager dentro per lasciarsi conquistare da una storia non particolarmente originale - i succhiasangue ci mordono, non solo sul collo, già da un po' - ma senz'alcun dubbio romantica: boy meets girl, peripezie vorranno dividerli ma l'amore trionfa su ogni altra cosa, morte (violenta) compresa. Certo il fatto che lui abbia diciassette anni da più di un secolo e lei sia invece realmente all'ultimo anno di liceo sarebbe considerato reato in diversi stati, ma tant'è: il fascino vampirico non accenna a tramontare e anzi rifiorisce. In principio era Stephanie Meyer: autrice dei quattro volumi finora dedicati alle avventure di Bella Swan ed Edward Cullen, oggi è una vera e propria guru per le adolescenti terrestri (su quelle aliene non ce la sentiamo di sbilanciarci).
La scrittrice mormona ha rielaborato su carta gli arcinoti archetipi della donzella in pericolo e del tenebroso amante/protettore, riportando in auge un trend che al giorno d'oggi suona quantomeno anacronistico - se non dannoso. Ma mettiamo da parte il discutibile valore letterario (resta storico il commento del maestro dell'horror Stephen King: "Stephenie Meyer can't write worth a darn. She's not very good") e l'edulcorazione dei temi, laddove il vampiro - somma icona di lussuria in qualunque epoca - diventa un represso pro-chastity degno dell'amministrazione Bush. Femministe di tutto il globo hanno aspramente condannato il prodotto in virtù dell'apparente incapacità della protagonista di difendersi da sé - o di combinare alcunché di utile, in diversi casi - se non in funzione del suo beau, il che riporta le pulzelle lettrici a uno stadio d'imbarazzante regressione socioculturale.
Già, ma al cinema, direte voi? La lunga serie di rapine a mano armata finora inflitte al botteghino non esita a interrompersi. Esce oggi nelle sale il penultimo episodio - anzi, per la precisione, la prima parte dell'ultimo episodio - che finalmente allevia la tensione sessuale irrisolta e regala una gravidanza splatter che fornirà traumi indelebili ai preadolescenti in sala. Il problema è l'autoironia, indispensabile a un prodotto del genere per non rischiare di prendersi troppo sul serio e invece costantemente mancante. Ciò detto, per chi si stesse ancora chiedendo dove risiede la formula magica necessaria per tenere avvinto tanto pubblico in poltrona, gli ingredienti sono pochi e fondamentali: un lieto fine supremo, cioè un "per sempre felici e contenti" dove il "per sempre" sia preso alla lettera, e un sacco di lacca per capelli sul protagonista maschile, improbabilmente parruccato. Tutto qua.
Domitilla Pirro
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