The Twilight Saga: Breaking Dawn - Parte Prima
La tormentata storia d’amore tra Edward e Bella capitolo 4... parte 1, però.
Proprio così, come già annunciato ai tempi dell’uscita di "The Twilight saga: Eclipse" (2010), il quarto film cinematografico tratto dai popolarissimi romanzi di Stephenie Meyer – distribuiti in Italia da Fazi editore – si divide in due lungometraggi, entrambi diretti dal Bill Condon che si aggiudicò il premio Oscar per la sceneggiatura del suo "Demoni e dei" (1998), incentrato sulla figura del regista James Whale.
Non a caso, probabilmente in omaggio a quest’ultimo, abbiamo perfino una citazione cinematografica de "La moglie di Frankenstein" (1935) nel corso dei circa 117 minuti di visione al servizio del primo tassello "Breaking dawn", che, senza perdere tempo, portano immediatamente in scena il matrimonio tra il pallido vampiro dalle fattezze di Robert Pattinson e l’amata interpretata da Kristen Stewart.
Quindi, si procede in maniera lenta e noiosa tra cerimonia e successivo viaggio di nozze sull’Isola di Esme, in Brasile, con momenti che sembrano quasi ricordare certi spot tv degli anni Ottanta sui preservativi e grottesche situazioni che – dalla prima notte di sesso dei due alle velocizzazioni in stile Flash di lui – rischiano di conferire la forte impressione di trovarci più dinanzi a un sequel della parodia "Mordimi" (2010) che a un nuovo "Twilight".
Per fortuna, però, Condon, sebbene sia dichiaratamente omosessuale, non insiste affatto con la camera sui corpi palestrati dei licantropi guidati da Jacob alias Taylor Lautner, a differenza di quanto ridicolmente avvenuto negli episodi precedenti, e permette all’insieme di abbandonare le sue "proprietà soporifere" per decollare nel corso del secondo tempo, quando la tensione comincia a salire a causa della gravidanza di Bella.
Con lupi mannari molto meno "pelouchosi" di quelli visti in "New moon" ed "Eclipse" e il suo stile visivo tendente in maniera evidente all’horror puro (ricordiamo che curò anche il secondo "Candyman") che, inizialmente soltanto accennato, viene sfruttato a dovere man mano che ci si avvia verso l’epilogo.
Infatti, al di là delle immancabili romanticherie oniriche, non è assente neppure qualche spruzzata di liquido rosso a condimento di quello che rappresenta per i fan (e, soprattutto, per le fan) la trasposizione su celluloide che si aspettano, mentre per tutti gli altri l’ennesimo teen-movie in salsa vampiresco-sentimentale non esente da difetti... seppur superiore – in particolar modo dal punto di vista registico – alle tre twilightate che lo hanno preceduto.
La frase:
"L’infanzia è il regno in cui nessuno muore".
a cura di Francesco Lomuscio
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