11 Settembre 2009 - Conferenza stampa
"The Traveller"
Intervista al regista e al cast.
di Federica Di Bartolo

In concorso al Festival di Venezia è presente il primo film del regista egiziano Ahmed Maher intitolato "Al Mosafer - The traveler". Alla piccola conferenza stampa di presentazione della pellicola erano presenti il regista Ahmed Maher insieme ad alcuni membri del cast come il grande Omar Sharif, Khaled El Nabawy, Amr Waked, Sherif Ramzy, Mohamed Shoman e la popolare cantante libanese, attrice, presentatrice televisiva Cyrine AbdelNour. E' innegabile che l'interesse fosse concentrato non solo sul film, ma soprattutto su Omar Sharif, che ha risposto a tutte le domande con allegria e ironia, dimostrando uno spirito frizzante e vivace. E' stato anche possibile apprezzare le sue capacità canore infatti ha intonato "Il mondo" di Jimmy Fontana.

Signor Ahmed Maher dirigendo questo film ha pensato a Fellini?
Ahmed Maher: Sì, sinceramente ho pensato a Fellini. Come dice Woody Allen, "Tutti i registi sono figli di 'Otto e mezzo ". Io vorrei aggiungere che sono anche figli di Fellini. Ho sempre avuto questa passione per il cinema dei sogni e della fantasia, non amo i film realistici, forse mi piace la bugia, per questo sono attratto dalle cose non vere.

Signor Sharif lei per caso ha dei rimpianti personali per aver dovuto viaggiare così tanto per lavoro nella vita?
Omar Sharif: Ma..io ho avuto una mamma straordinaria, e un po' pazza. All'età di 11 anni, quando ero a scuola in Egitto dai padri gesuiti sono ingrassato, come tutti i bambini, e mia madre è impazzita. Diceva che ero brutto e grasso e non servivo a niente. Perciò ha cominciato a pensare quale fosse la cucina peggiore al mondo e così ha deciso di mandarmi in una scuola inglese. Lì sono dimagrito e ho iniziato a recitare teatro, non solo ho anche imparato l'inglese. La scelta di mia madre è stata la mia fortuna perché quando mi hanno scelto per fare Lawrence d'Arabia non ero grasso e oltretutto parlavo l'inglese, motivo per cui mi hanno scelto. Il primo film che ho fatto è stato e avevo 21 anni nel 1953 si intitolava "Lotta nella valle - Cielo d'Inferno" ed è andato a Cannes. Lì incontrai la mia prima moglie, la più grande attrice egiziana dell'epoca e a 22 anni mi sono sposato. Sono rimasto con lei per 15 anni senza guardare nessun'altra, poi a dopo 15 anni le ho detto che "cominciavo a tremare" era il periodo in cui le donne esibivano tutto e io non ero abituato.

Quando ha girato il "Dottor Zivago" aveva capito che quel film sarebbe rimasto nella storia del cinema?
Omar Sharif: Per me è un film troppo sentimentale, però è un bel film perché è di un grande regista come David Lean, un uomo straordinario che ha fatto in successione: "Il ponte sul fiume Kwai", "Lawrence D'Arabia" e "Il dottor Zivago" e ha vinto ben 24 Oscar per questi tre film.

Lei è tornato a vivere in Egitto?
Omar Sharif: No, io vivo in alberghi, non ho una casa nemmeno in Egitto. Vado in Egitto quando c'è da fare e vado a trovare i miei tre nipotini ed ho smesso di giocare a bridge per passare più tempo con loro! Io vivo in albergo e mangio al ristorante, non mangio mai a casa della gente perché se non mi piace li insulto. Io sono vecchio e mangio solo a cena e voglio mangiare bene.

"Al Mosafer - The traveler" è un percorso di vita, per lei sono più importanti i ricordi, la nostalgia oppure guardare al futuro?
Omar Sharif: Quando si arriva alla mia età, a 78 anni, non si deve pensare al passato, alla nostalgia o al futuro, perché non sai quanto ti resta ancora. Quindi devi vivere ogni istante totalmente. Quello che conta è solo il presente.

Quando ha capito di voler vivere così?
Omar Sharif: Beh, ci ho messo del tempo a 70 anni pensavo di avere tanto tempo, ma ora non si sa. Leggo i necrologi e penso che un giorno aprirò il giornale e troverò il mio nome.

Lei è un bravissimo attore per caso insegna in qualche scuola?
Omar Sharif: No, perché non ho fatto scuole di recitazione. Ho avuto la fortuna di lavorare con i più grandi registi e con i grandi attori e quando facevo "Lawrence d'Arabia" andavo ogni giorno a vedere come lavorava Alec Guinness e Peter O'Toole. Andavo sempre a teatro, ogni sera. Ho appreso con la vita, con l'esperienza. Il metodo dell'Actor's Studio non è necessariamente migliore di altri, ognuno ha il suo sistema, dipende dalla persona.

Cosa hanno in comune i diversi Hassan interpretati da Omar Sharif e Khaled El Nabawy?
Omar Sharif: Abbiamo iniziato a girare il film dalla parte finale, quindi non potevo sapere cosa avrebbero fatto prima. Khaled El Nabawy veniva sempre da me per vedere come recitavo, nonostante io gli dicessi di non imitarmi perché lui avrebbe fatto il personaggio da giovane, mentre io sono un vecchio.
Khaled El Nabawy: Non ho avuto alcun riferimento per il personaggio, anche perché volevamo che Hassan fosse nato nel film, che lo vedessimo per la prima volta proprio nel film.

Signor Sharif quando ha letto il copione che cosa ha pensato di questo personaggio senza coraggio? Cosa l'ha colpita di questo ruolo?
Omar Sharif: E' un copione molto originale, perché l'eroe del film non è un eroe. E' un personaggio un po' stupido, un uomo semplice.

In questo film il personaggio di Noura è diviso tra le attenzioni di Hassan e quelle del suo promesso sposo Fu'Ad. Ci può dire chi ha amato per davvero Noura, nel film?
Ahmed Maher: Non ci sono risposte chiare nel film e questo rende il film difficile per lo spettatore. C'è sempre questa incertezza tra amore, odio, dubbio. Ci sono sempre domande, più che risposte. Non si sa nemmeno se i ragazzi sono o meno figli di Hassan. E' qui che nasce la difficoltà de film perché lo spettatore ha sempre bisogno di risposte e spiegazioni.

Il suo personaggio resta affascinato dalla tecnologia, qual è il suo rapporto con la tecnologia?
Omar Sharif: Io non ho il cellulare, non lo so usare. Ho il numero delle persone che voglio chiamare, ma loro non hanno il mio così non possono chiamarmi ed io posso stare tranquillamente in camera a leggere magari.

Sig.Ahmed Maher lei viene dal documentario e dai cortometraggi. Quanto è diverso girare un lungometraggio e soprattutto perché ha aspettato così tanto per esordire nel lungometraggio?
Ahmed Maher: In realtà non mi piacciono i documentari, anche se li fatti, forse perché amo le bugie e per questo mi piace raccontare le cose non vere. Ho fatto i documentari nell'attesa di fare un film, e sono passati dieci anni, poi, pochi anni fa, ho pensavo che stavo sbagliando a sprecare tanti anni nell'attesa di fare un film. Quindi ho deciso di farlo, senza pensare al dopo. Fare documentari e cortometraggi mi ha aiutato molto, sia per capire a fondo la società egiziana e italiana, sia come esperienza. Ho cercato sempre di mantenere viva la speranza di fare il film. Quando scrivo e creo un personaggio penso a chi potrebbe interpretarlo e sono stato un uomo molto fortunato in tal senso, perché mentre scrivevo la parte pensavo proprio a Omar Sharif. Poi la fortuna mi ha aiutato perché ho mandato il copione a Sharif, pensando che non avrebbe mai accettato di fare un film con un regista sconosciuto, e invece ha accettato. Alla fine è andata bene, perché tutti gli attori con cui ho lavorato erano quelli che volevo. Mentre facevo il film pensavo come sarebbe stato bello andare a Venezia, e così è stato. Ora devo cominciare a pensare al Leone d'Oro!

Questo è un film sentimentale, ma qui al Festival si parla molto di politica, lei cosa ne pensa?
Omar Sharif: Ho vissuto in un'epoca stupenda gli anni '40 - '50 in cui tutto era bello, le attrici erano tutte donne bellissime e tutti avevano da mangiare, poi il mondo è diventato brutale, in molti posti devi ammazzare il tuo simile per mangiare. Non so cosa pensare della politica, penso tante cose, credo che la politica dovrebbe risolvere i problemi della gente, problemi che aumentano ogni anno che passa. Non capisco perchè si odiano. Ho fatto San Pietro e sono stato condannato a morte dai mussulmani perché ho detto che "Cristo è figlio di Dio", non comprendo l'odio religioso. Ho scritto quindi a Bin Laden spiegando che io recito per guadagnarmi il pane e faccio quello che è scritto.

Qual è il suo rapporto con la religione?
Omar Sharif: Questa è una cosa privata. Diciamo che credo che tutti nel mondo siano uguali. Io non chiedo mai a una ragazza la sua nazionalità o la sua religione prima di baciarla! Ho insegnato a mio figlio a fare lo stesso, e adesso ho tre nipoti dalle tre diverse mogli di mio figlio, tutte di nazionalità e religioni diverse.

Qual è il suo rapporto con Hollywood e di cosa pensate su un possibile scambio tra Hollywood e l'industria cinematografica egiziana?
Omar Sharif: All'inizio sognavo Hollywood, ci ho vissuto 5 anni e il mio vicino di casa era Elvis Presley! Ma dopo 5 anni mi sono annoiato perchè si parlava solo di cinema. Non c'era nemmeno il teatro o l'opera lirica all'epoca. Io adoro l'opera lirica: pensate che ho imparato l'italiano per capire cosa dicevano nell'opera. Quando ho cominciato a lavorare come attore ho deciso che dovevo imparare ed educarmi e così sono andato tutte le sere a teatro ad ascoltare musica classica. La prima sera non mi è piaciuta era il "Flauto magico" di Mozart, dopo 15 sere consecutive ho imparato ad apprezzarlo. Adoro la lirica, sono amico di Daniel Barenboim che mi ha invitato alla Scala. Anch' io canto e canterò ogni sera per una settimana in un ristorante di Londra da 60 coperti. Canterò quaranta minuti canzoni d'amore italiane e francesi.
Ahmed Maher: Molti registi egiziani hanno sempre il sogno di lavorare a Hollywood. All'inizio il cinema egiziano era molto vicino al neo-realismo italiano, e si potevano fare grandi cose andando avanti in quella direzione. Avevamo molti elementi in comune per via della cultura mediterranea. Purtroppo però a un certo punto si è cercato di creare un'industria forte, di creare uno star system, tenendo Hollywood come modello. Per colpa di questo, il cinema egiziano ha perso un po' di qualità, perché non eravamo pronti a essere Hollywood. Io venivo da una cultura europea, quindi è stato anche difficile realizzare un film che non seguiva modelli hollywoodiani. Mi ha aiutato molto lo stato, mi ha aiutato la presenza di Omar Sharif. Ma il cinema di Hollywood è un caso particolare, non lo si può imitare.

Signor Maher nel film ci sono alcune scene forti, che alludono a un rapporto incestuoso tra padre e figlia, senza però mostrare nulla. Non ha avuto problemi con la censura per questo?
Ahmed Maher: Penso che il problema della società egiziana non sia solo la censura, ma anche come potrebbe reagire la società egiziana che è un po' cambiata. Temo di più i pericoli che possono venire da uno spettatore qualunque che un funzionario del Governo. Nel film ho mantenuto un filo sottile tra certezza e incertezza, quindi forse farà scandalo o forse no. Forse non è un argomento molto piacevole, ma nell'arte bisogna affrontare questi tabù. Non si tratta solo della scena nella seconda parte. E' un discorso più generale perché nel film non viene risolto il dubbio se ci sia incesto o no. Trovo che la Mostra di Venezia sia stata molto coraggiosa a selezionare un film che non ha quegli elementi che in Occidente tutti si aspettano da un film arabo, inoltre non sa cos succederà. Spero di presentare elementi della società egiziana sconosciuti in Occidente.

Quali sono gli attori importanti per lei?
Omar Sharif: Eva Gardner. Siamo stati grandi amici tanto che abbiamo deciso di non fare l'amore perché avrebbe rovinato la nostra amicizia. Sul suo letto di morte c'ero io. E poi Peter O'Toole, è l'unico amico attore e per me è un attore importante, un grande uomo e un personaggio straordinario. Lui conosce benissimo il teatro e Shakespeare. Con Peter O' Toole ho condiviso una tenda nel deserto per quasi due anni, in pratica 19 mesi senza donne. Lì le stelle si possono tenere nelle mani, c'è un silenzio che non esiste altrove, perché non ci sono alberi o uccelli. Ho capito allora perché tutti i profeti vengono dal deserto, perché nel deserto senti la presenza di Dio.

Lei nonostante gli anni lavora ancora nel cinema ci può dire il suo segreto?
Omar Sharif: La mia vita è un miracolo che continua, è dall'età di 21 anni che non ho mai smesso di lavorare. Ricordo che quando mi hanno scelto per "Lawrence D' Arabia" ero al Cairo e stavo mangiando un gelato ed è venuto il produttore. Mi hanno scelto per caso, perché non avevano nessuno con l'occhio scuro e i capelli neri che potesse fare l'arabo e il regista ha tirato fuori a caso la mia fotografia da un gruppo e ha detto: "Se parla anche l'inglese allora lo prendiamo". Quando il film è finito poi David Lean mi ha telefonato dicendomi che quando il film sarebbe uscito nelle sale sarei diventato famoso, ma che dovevo stare attento a non rifare un arabo. Poi subito dopo mi ha chiamato per il film "Dottor Zivago".

Peter O' Tull ha scritto un libro di memorie anche lei pensa di scriverlo?
Omar Sharif: No non penso, credo sia ingiusto scrivere un libro di memorie perché parlerei anche della vita di altre persone, però i soldi li prenderei io e non loro.

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