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Il segreto di David - The Stepfather
Tutte le famiglie del patrigno: rispolverando la trilogia "Stepfather"
Regista nel 2008 dello slasher "Che la fine abbia inizio", scritto da J.S. Cardone prendendo spunto dal "Non entrate in quella casa" firmato ventotto anni prima da Paul Lynch, il televisivo Nelson McCormick, supportato dallo stesso sceneggiatore, si dedica al thriller "Il segreto di David", ovvero il rifacimento di " The stepfather-Il patrigno" che, diretto nell'ormai lontano 1987 da Joseph Ruben, finì per generare una trilogia ad alta tensione sul turbamento dell'american dream e l'indissolubilità della famiglia meritevole di una riscoperta.
The stepfather-Il patrigno (The stepfather, Gran Bretagna-USA 1987)
Come ogni bravo papà al mattino, un uomo, davanti allo specchio del bagno, si rade la barba e provvede a sistemarsi per uscire dalla sua abitazione che, però, apprendiamo essere disseminata dei cadaveri dei suoi familiari.
Sceneggiato con maestria dal grande giallista Donald E. Westlake partendo da un soggetto scritto insieme a Carolyn Lefcourt e al Brian Garfield autore del romanzo che originò "Il giustiziere della notte", inizia così uno dei migliori thriller degli anni Ottanta, incentrato sulla figura di uno psicopatico con il pallino della famiglia perfetta, il quale usa sterminarla quando essa non si rivela tale.
Psicopatico cui concede anima e corpo l'ottimo Terry O'Quinn visto negli ultimi anni nella serie televisiva "Lost" e che, cambiando l'identità da Harry Morrison a Jerry Blake per evitare di essere individuato dalla polizia e dal fratello di una sua vittima, s'infila nella vita della vedova Shelley Hack e di sua figlia Jill Schoelen.
Quest'ultima, tra l'altro, divenuta all'epoca una figura fissa del filone ad alta tensione (qualcuno la potrà ricordare al fianco di un giovane Brad Pitt in "Cutting class-Il ritorno di Brian" di Rospo Pallenberg o con Robert Englund ne "Il fantasma dell'opera" di Dwight H. Little), venne premiata come migliore attrice sia a Sitges che presso il Cognac Festival du Film Policier proprio per la pellicola di Ruben, il quale, in fatto di thriller a sfondo familiare, si occupò sei anni dopo anche de "L'innocenza del diavolo", interpretato da un malefico Macaulay Culkin.
Ed è anche per merito della bella colonna sonora di Patrick Moraz se il film risulta gestito a dovere dal punto di vista della suspense, generando un crescendo emotivo destinato a sfociare nella furia omicida del folle protagonista, il quale, tra l'altro, si accanisce con ferocia sul sospettoso psicologo della figliastra.
Il patrigno 2 (Stepfather 2, Gran Bretagna-USA 1989)
Rinchiuso in un ospedale psichiatrico dopo essere stato ferito a morte dalla figliastra, il cosiddetto "killer delle famiglie" uccide un dottore e una guardia del posto e, evaso, si spaccia per lo psicoterapeuta Gene Clifford in un'altra città, dove si accasa con Meg Foster e il figlio interpretato dal compianto Jonathan Brandis, visto anche ne "La storia infinita 2" e "IT".
Diretto dallo specialista in sequel Jeff Burr, autore nello stesso anno del terzo "Non aprite quella porta" e, successivamente, del quarto e quinto "Puppet Master", questo secondo episodio rimane bene o male fedele alla struttura su cui venne costruito il capostipite, anche se il numero delle vittime aumenta, a causa con ogni probabilità dell'influenza proveniente dal filone slasher, particolarmente in voga negli anni Ottanta.
D'altra parte, come vogliono anche le regole alla base dei sequel del cinema horror, una volta che il primo tassello ha provveduto a introdurre e descrivere a dovere le caratteristiche principali del boogeyman di turno, nei capitoli a seguire rimane solo da aggiungere qualche dettaglio sulla sua evoluzione e, soprattutto, puntare sull'intrattenimento derivato dagli effetti speciali di trucco sfruttati nell'inscenare le sue macabre imprese.
In ogni caso, Burr si mostra come di consueto abile nell'orchestrare il massacro a basso costo, che vede questa volta coinvolti anche l'ex marito della protagonista e una sua cara amica sospettosa nei confronti del nuovo pericoloso compagno, senza dimenticare analogie e riferimenti colti.
Basterebbe citare la sequenza in cui, durante lo scontro finale tra la donna e il killer, una statuina raffigurante due sposi finisce per frantumarsi a terra; oppure il fatto che, come in "M-Il mostro di Dusseldorf", capolavoro dell'Espressionismo tedesco firmato nel 1931 da Fritz Lang, l'assassino viene scoperto grazie alla testimonianza di un cieco che lo ha sentito fischiettare dopo l'ennesimo omicidio.
In casa con il nemico (Stepfather 3, Gran Bretagna-USA 1992)
Complice una plastica facciale, il killer delle famiglie non ha più il volto di Terry O'Quinn ma quello di Robert Wightman, il quale, trovato lavoro come giardiniere sotto il nome Keith Grant, mira a costruire la sua nuova perfect family con Priscilla Barnes e il figlio paraplegico David Tom, appassionato d'indagini via computer e amico di un sacerdote che lo supporta nelle sue imprese di "detective amatoriale".
E destinato ovviamente a finire tra le nuove vittime dell'omicida in questo terzo "Stepfather" che, concepito per il piccolo schermo e conosciuto anche con il titolo "Stepfather 3: Father's day", risulta in maniera sorprendente come il maggiormente violento e splatter della serie, conforme ancor più del precedente episodio agli stilemi dello slasher-movie.
Non a caso, mai distribuito in vhs e dvd dalle nostre parti, ha goduto soltanto di qualche passaggio televisivo in versione privata il più delle volte, però, di ben dieci minuti di sanguinose sequenze, a partire dalla lunga operazione chirurgica (a quanto pare vera) d'apertura.
Un vero peccato, perché, nonostante l'assenza di Terry O'Quinn si faccia in parte sentire, la pellicola diretta dall'egiziano Guy Magar, autore cinque anni prima del tutt'altro che disprezzabile "Retribution-L'ultimo incubo", chiude a dovere la trilogia, grazie anche a una buona sceneggiatura non priva d'interessanti intuizioni, miscelando a dovere la suspense e i momenti di omicidio.
Momenti che - almeno nella versione integrale - includono un rastrello da giardino conficcato in gola e uno sgozzamento tramite segaossa.
Francesco Lomuscio
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