Il segreto di David - The Stepfather
Il titolo originale “The stepfather” ci mette immediatamente al corrente del fatto che siamo dinanzi al remake dell’omonimo thriller – circolato in Italia come “The stepfather-Il patrigno” – che, splendidamente diretto da Joseph Ruben nel 1987, vide un eccellente Terry O’Quinn nei panni di uno psicopatico alla ricerca della famiglia perfetta con cui vivere.
Infatti, in maniera abbastanza fedele al film di Ruben, ma con la natalizia “Silent night” a fare da commento sonoro, si comincia subito con il folle protagonista che, ora interpretato da Dylan”Congo”Walsh ed assunto il nome di David Harris, si prepara per uscire dall’ultima casa in cui ha compiuto l’ennesimo massacro.
Ed è la Sela Ward di “The day after Tomorrow-L’alba del giorno dopo” a fargli da nuova compagna, mentre, a differenza della pellicola originale, in cui si ritrovava una figliastra con le fattezze di Jill Schoelen, finisce per fare da patrigno a un giovanotto appena tornato dalla scuola militare ed interpretato dal Penn Badgley de “Il mio ragazzo è un bastardo”.
Quindi, pur aggiungendovi i telefoni cellulari e il resto della tecnologia moderna, la sceneggiatura del veterano J.S. Cardone – che per il qui regista Nelson McCormick aveva già curato lo script del pessimo “Che la fine abbia inizio”, rifacimento di “Non entrate in quella casa” – rispetta bene o male la struttura di quella alla base del capostipite, come già accadde per i due sequel rispettivamente realizzati da Jeff Burr e Guy Magar tra il 1989 e il 1992.
Sequel che sembrano oltretutto avere influenzato a loro modo il lungometraggio di McCormick, in quanto, sebbene la presenza di un ex marito della protagonista non possa fare a meno di ricordare “Il patrigno 2”, le fattezze di Walsh rimandano più a quelle del Robert Wightman di “Stepfather 3” (in Italia “In casa con il nemico”) che al volto del succitato O’Quinn, del quale, tra l’altro, non possiede affatto il carisma.
Aspetto negativo, quest’ultimo, che, al di là della mancanza dei mitici temi musicali che diedero un tocco in più ai tre tasselli precedenti, va ad affiancare una regia incapace di gestire a dovere la tensione, nonostante una non disprezzabile ultima parte scandita dalla pioggia incessante.
Fino al brutto finale apertissimo di quella che, pur lasciandosi tranquillamente guardare senza generare noia, non sembra altro che una scialba rilettura televisiva del classico del 1987.

La frase: "Questa non è più la famiglia adatta a me".

Francesco Lomuscio

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