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05 marzo 2002 - Conferenza stampa
Gabriele Salvatores
Intervista al regista di "Amnesia"
di Valerio Salvi
L'incontro per il lancio di "Amnésia" con Gabriele Salvatores più che un faccia a faccia con il regista è un'occasione per conoscere tutto il cast, una sorta di grande famiglia con Sergio Rubini, Diego Abatantuono ed il produttore Maurizio Totti. Salvatores ha voluto chiarire l'interminabile questione su "Cromosoma Calcutta", il precedente progetto di Totti e Salvatores, che ormai è ufficialmente annullato (tra l'altro la Colorado non ne detiene più i diritti) in considerazione del fatto che per ottenere un lavoro come sarebbe giusto nei confronti del libro, con set in America ed India, sarebbe stato necessario un budget hollywooddiano impensabile per una produzione italiana. Il prossimo progetto di Salvatores sarà quindi tratto dal libro di Nicolò Ammanniti "Io Non Ho Paura".
Ma veniamo alla pellicola più attuale dove, Salvatores, sempre desideroso di nuovi stimoli, si dedica alla sperimentazione soprattutto nell'ambito del montaggio e delle modalità di narrative; un desiderio che fin da "Sud" è andato crescendo: "Avrei potuto fare anche altri dieci "Mediterraneo", e me lo chiedevano, ma non ho voluto perché non avrebbe avuto senso, soprattutto per me". Il desiderio esplicito era quello di creare una serie di storie intrecciate che coinvolgessero più personaggi, ma allo stesso tempo evitando di copiare altre pellicole simili ("Pulp Fiction" di Tarantino). L'idea è stata quella di dividere il tutto in tre blocchi narrativi: uno improntato alla commedia, uno più drammatico e quello finale in cui vengono risolti tutti gli eventi in sospeso. L'ispirazione è stata il "Rashomon" di Akira Kurosawa.
Nonostante le apparenze il film è stato complesso e faticoso, alle domande incalzanti sulla possibilità che si sia trattato di una sorta di "vacanza creativa", Salvatores ha voluto specificare che seppure l'affiatamento delle troupe era elevatissimo ed il set era ad Ibiza, sono state necessarie cinque stesure della sceneggiatura per arrivare al risultato finale. L'intento era quello di mostrare l'inutilità di alcuni sforzi per ottenere qualche futile bene in più rispetto invece a valori semplici ed importanti che possono dare la felicità; ma è il pubblico che deve comunque costruirsi il "suo" film, montando nella sua testa le varie sequenze nel modo che preferisce.
Bisogna sempre considerare che se un regista decide di fare un film non lo fa tanto per farlo, ma viene spinto da una precisa esigenza: la volontà, anzi la necessità di esprimere qualcosa e poi è fondamentale che sia sincero. Il pubblico si accorge sempre se queste due cose mancano in una pellicola.
Il film non è comunque autobiografico (Salvatores non ha figli), anche se vuole essere un bilancio che Salvatores ha voluto fare alle soglie dei cinquanta anni, è piuttosto basato sulle esperienze degli stessi attori. Diego Abatantuono, che si è sentito parte in causa, ha messo molto di se stesso in Sandro. Come a teso a precisare il suo lavoro lo porta spesso in giro per il mondo, lontano dai figli, che non esitano a fargli notare la sua assenza. Anche Martina Stella ha una situazione familiare che ricalca quella del suo personaggio.
Rubini sostiene che fino ad oggi i film erano sull'eterno complesso di questa generazione di non voler crescere, ma ora i tempi sono diversi, c'è una nuova generazione di attori ed autori che si impegnano in questo e finalmente lui e Diego possono dedicarsi a momenti diversi della vita. Storicamente siamo stati forse la generazione più immatura della storia, non abbiamo potuto far riferimento alle generazioni precedenti poiché il contesto sociale è radicalmente mutato; dobbiamo vivere la nostra vita e fare i nostri conti.
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