15 febbraio 2002 - Conferenza stampa
Russell Crowe
Intervista con l'attore di "A beautiful mind"
di Valeria Chiari
Il film di Ron Howard però non considera molti degli aspetti di cui la Nasar parla nella autobiografia...
È chiaro che non si possa riportare una vita intera al cinema, altrimenti impiegheremmo gli stessi 72 anni che Nash ha vissuto. Il film non voleva essere un documento medico e neppure far credere che per risolvere una malattia simile è sufficiente l'amore e l'affetto della famiglia. È il racconto di un processo di guarigione, che il protagonista riesce ad affrontare grazie anche al rapporto affettivo con Alicia. Le scelte di Ron Howard rispetto al libro della Nasar sono sempre state a vantaggio dei personaggi del film. Il successo di pubblico parla da solo. Se ci si sente coinvolti dagli stati mentali di Nash e dalla sua battaglia vuol dire che è stato fatto un buon lavoro.
Parlando invece di lei, che tipo di rapporto ha avuto da giovane con la matematica?
Diciamo che ho smesso di averne all'incirca a 14 anni, quando con la mia famiglia ci siamo trasferiti in Nuova Zelanda dall'Australia. Il professore che avevo non parlava l'inglese e quindi io non capivo nulla. Così smisi di interessarmene studiando storia e letteratura durante le lezioni.
Anche quest'anno una nomination all'Oscar. Che sensazione ha avuto?
Nessuna in particolare. Ne ho vinto uno lo scorso anno e non me ne serve un altro. Sono felice per Ron e per Jennifer (Connelly), se lo meritano entrambi per il lavoro straordinario che hanno fatto. Io mi sento onorato e soddisfatto per il riconoscimento del mio lavoro da parte di altri colleghi. Niente di più.
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