13 Ottobre 2005 - Conferenza stampa
"Red eye"
Intervista al regista Wes Craven.
di Pietro Salvatori


In un'assolata mattinata di ottobre, abbiamo l'onore e il piacere di incontrare uno dei maestri del cinema horror e thriller, padre di due delle serie che di questi generi hanno segnato gli anni '90 come Nightmare e Scream. E' Wes Craven, che si presta volentieri a rispondere a domande sul suo ultimo film, "Red Eye", ma non solo.

Lei si è sempre divertito a giocare con il thriller. Quanto l'ha divertita portare un suo film all'interno di uno spazio chiuso, quello di un aereo, se è vero, come diceva Bertolucci, che lo spazio chiuso impone uno stile?
Wes Craven: Era due anni che lavoravo duramente, non avevo nessuna intenzione di rimettermi su un film. Poi mi hanno sottoposto questa sceneggiatura, e ne sono rimasto veramente affascinato. Mi affascinavano proprio le costrizioni che uno spazio chiuso di un aereo comportava. La sfida era tenere sulla corda il pubblico con un film che per più di metà del tempo non esce da quella cabina di volo.

Nel cast c'è una forte componente femminile. Che ruolo pensa che la donna abbia, nel film e nella società?
Wes Craven: Io adoro le donne. Sono stato cresciuto da una madre vedova, quindi conosco bene la forza e il coraggio che una donna può avere. In questo secolo, il loro arrivare a una piena eguaglianza, rappresenta una svolta epocale. C'è nel film un pò l'idea classica della damigella in pericolo.

Perchè "Red eye" quando in realtà gli occhi del protagonista sono azzurri?
Wes Craven: Il titolo è specifico del mondo americano, è difficilmente esportabile. I "red eye" sono quei manager che lavorano a New York che decidono di fare i pendolari in aereo con la città dove risiedono. Il nomignolo si riferisce agli occhi rossi che gli vengono a causa della perdita di sonno.

Accetterebbe di filmare il remake di un horror orientale, visto che oggi va così di moda?
Wes Craven: In realtà avevo già lavorato al remake di un film del giovane Kurosawa. Avevamo finito tutta la fase di pre-produzione, ma alla fine lo studio decise all'ultimo di rinunciare al progetto e non se ne fece niente. Oggi non lo rifarei, ormai il fenomeno è troppo inflazionato.

Il suo cinema di oggi in cosa è diverso dai suoi inizi negli anni '70?
Wes Craven: Innanzi tutto sono più anziano. Oggi tante cose le capisco più a fondo. Sono diventato più accomodante verso tanti aspetti, ma insieme più sofisticato. "Red eye" può essere visto anche come grande scontro sui sessi, può avere più piani di lettura. Da giovane non penso avrei fatto un film del genere.

Lei ha abbandonato le maschere di Nightmare e Scream, per un cattivo che in realtà è un giovane dall'aria rassicurante che si trasforma in un mostro. E' un immagine del terrorismo odierno e globalizzato?
Wes Craven: In tutto il primo atto del film in realtà tutti i personaggi indossano una maschera, ma astratta, psicologica ed emotiva. Le maschere cambiano nel corso del film, si evolvono nel secondo atto. Io non penso che sia un film sul terrorismo, anche se credo che sia importante parlare di terrorismo oggi.

Nei suoi film dell'orrore c'è sempre molto di sè. Se dovesse fare un horror vecchio stile, qual'è la sua paura che metterebbe in scena, che non ha ancora portato sullo schermo?
Wes Craven: Probabilmente farei un film su un uomo che mi rassomiglia inseguito da un centinaio di censori che vogliono mettere mano alla sua opera. Scherzi a parte, è chiaro che oggi c'è una forte censura in America. Forse per questo che c'è una tale proliferazione di film su fantasmi, sono un compromesso tra quello che si può o non può vedere. Oggi gli horror possono addirittura venire denunciati.


  

Intervista per il film "Red eye".


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