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07 Settembre 2011 - Conferenza
"Quando la notte"
Intervista alla regista e al cast.
di Giuliana Steri
Presenti Cristina Comencini - regista, Filippo Timi - Manfred, Claudia Pandolfi - Marina, Michela Cescon - Bianca e Riccardo Tozzi - produttore
Nel film emerge il tema della maternità non rassicurante, non tradizionale. Perché analizza la figura di una madre fuori dal comune?
Cristina Comencini: Proprio per quello che sta dicendo lei. Tutte le donne, anche quelle che non hanno un figlio, conoscono il sentimento della maternità. E' un sentimento molto forte, che si trova nel bagaglio emotivo di tutte le donne.
Questo argomento è stato trattato molto più in letteratura che nel cinema. A me interessano molto i sentimenti totalizzanti, molto forti, e la lotta per uscire dalla solitudine.
Solo chi ha vissuto una maternità ne comprende la sua ambivalenza: da una parte è un sentimento che arricchisce, mentre dall'altra limita e soffoca.
Si pensa sempre che un bambino sia della mamma, ma per fare un figlio bisogna essere in due, uniti da un sentimento. Io volevo mettere un uomo al centro della vita di una donna e di suo figlio. Manfred ha questo ruolo, avendo salvato Marina e Marco.
Quanto la regione Piemonte è coinvolta nella produzione?
Riccardo Tozzi: Il suo contributo è stato determinante, ci ha permesso di girare nel luogo che era stato scelto sin dall'inizio per le riprese. In questo periodo i contributi di enti e regioni è fondamentale, perché permette di fare ancora dei film di qualità.
Visto come la storia si evolve, soprattutto nella prima parte, è impossibile non pensare agli eventi di Cogne. E' una cosa voluta?
Cristina Comencini: No, non è voluto. Io me ne sono accorta non subito, ma solo dopo che mi è stato fatto notare. La mia idea era di parlare della solitudine di una madre che porta il proprio bambino in montagna per un mese. A tutte le mamme, con un bimbo ammalato, è stato consigliato un lungo periodo in montagna.
La montagna è durissima, è solitudine, si è soli con se stessi e col silenzio. Ma costringe a guardarsi dentro, e scovare e risolvere i propri problemi.
Ecco, io parto da esistenze molto normali. Mi piace però scoprire dietro queste delle esperienze straordinarie.
Il suo è un film, come ha già detto, su maternità e sentimenti, ma anche sulle assenze. Claudia Pandolfi, è anche lei una madre giovane come quella che interpreta. Che esperienza è stata girare il film?
Claudia Pandolfi: E' stata un'esperienza travolgente e molto intima, anche perché sono situazioni e sensazioni che ho provato sulla mia pelle. Ti trovi davanti un piccolo essere e ti domandi chi è, ti chiedi dov'è il tuo senso materno. Anche io avuto un momento di crisi come Marina, ma per fortuna avevo qualcuno accanto. E' dura quando tutti danno per scontato che tu sarai comunque una buona madre.
Cristina Comencini: La vita è complessa. Io non credo che un uomo capisca realmente cosa provi una donna nella maternità, per questo motivo risulta essere una figura assente. Dovrebbe, come padre, dividere la madre dal figlio per interrompere il loro morboso legame che si crea dalla nascita. Questa osmosi è importante ma pericolosa.
Una donna in crisi spesso non ha nessuno con cui parlare. E' per me quindi fondamentale parlare di questi argomenti nei film, visto che nella vita spesso vengono taciuti e non si affrontano. Sono pezzi di dolore.
Anche Michela Cescon interpreta una madre, molto diversa però da Marina. Ce ne parlate?
Michela Cescon: Ho amato molto il ruolo di Bianca. E' una madre felice, ma mi fa rabbrividire ancora la sua frase: 'Da sola non avrei mai fatto i miei figli'. E non parla solo del concepimento ma del sostegno emotivo di suo marito. E' importante avere accanto qualcuno che non dia per scontato che lei sia una buona madre.
Claudia Pandolfi: Marina non ha avuto questa fortuna.
Filippo Timi e Claudia Pandolfi, mi siete sembrati atipici come coppia. E i dialoghi tra di voi mi sono sembrati non in sintonia. Come vi siete preparati per il ruolo?
Filippo Timi: Atipica…no. Io e Claudia abbiamo fatto l'unico provino insieme e subito è scattata la scintilla, abbiamo riconosciuto nell'altro la nostra stessa ruvidezza, la stessa emotività. I dialoghi non sono importanti, conta il non detto.
I problemi che ho avuto con il testo sono dovuti solo alla mia balbuzie. Cristina (Comencini n.d.a.) ha cancellato una frase della scena dell'ospedale, perché dopo otto ore di riprese ancora non mi veniva. Il difficile è stato tornare a casa, e uscire dal personaggio di Manfred. Mi lobotomizzavo con i Simpson, quindi si può dire che mi sono ispirato a Bart e Omer .
Claudia Pandolfi: Atipico si… Perché siamo totalmente agli antipodi. Manfred e Marina sono due persone molto lontane che però insieme funzionano perfettamente.
Non so se sa come è stato accolto il film dalla stampa. Su alcune frasi dei protagonisti, nella seconda parte, ci sono state delle risate. Forse perché sono state usate delle frasi 'letterarie' che nel film non funzionano.
Cristina Comencini: Nel film c'è un grande silenzio. Ci sono però anche parole emozionanti, e nei festival è difficile cogliere le emozioni.
Il libro è composto da due monologhi interiori, noi lo abbiamo oggettivizzato. Abbiamo ridotto all'osso le battute, non sono quindi d'accordo che i dialoghi siano letterari. Sono solo secchi e concisi.
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