22 Febbraio 2006 - Conferenza Stampa
"Piano 17"
Intervista ai registi e al cast.
di Ilaria Ferri


Ti senti cresciuta dopo questa esperienza?
Elisabetta Rocchetti: sicuramente film dopo film si diventa più consapevoli di se stessi e delle proprie capacità. Io non ho studiato recitazione e quando recito seguo molto il mio istinto e il talento. Tutto quello che ho fatto l'ho sempre cercato e ottenuto con fatica, non per fortuna.
Alberto Manetti: secondo me dopo Piano 17 è cresciuta, ora stiamo girando un'altra cosa insieme e la vedo molto più rilassata e consapevole.
Marco Manetti: Tra l'altro le offrono quasi sempre lo stesso tipo di parte, ma lei è molto brava in tutti i ruoli.

Per Pivio De Scalzi, come avete trovato le musiche adatte al genere?
Pivio De Scalzi: in realtà loro cercavano due morti (risate - nel film vediamo brevemente i due curatori delle musiche nella parte di due ascensoristi - n.d.r.). A parte gli scherzi, abbiamo lavorato con i Manetti per una serie (che ad aprile andrà in onda sulla Rai) ci siamo molto divertiti perché ci lasciano carta bianca, il rapportarsi ad un genere ci ha permesso di sperimentare!

Come avete costruito i caratteri dei personaggi?
Marco Manetti: abbiamo seguito due schemi in particolare: uno è quello del genere, che prevede delle regole e quindi delle situazioni e personaggi un po' stereotipati (anche se poi nel genere si può sempre spaziare e complicare i cosiddetti stereotipi, per esempio Pittana è un cattivo, ma dal suo punto di vista ha comunque delle attenuanti), l'altro è costruire i personaggi sugli attori, questo ci ha aiutato tanto, non perché i personaggi abbiano caratteri simili agli attori, ma perché ci hanno ispirato. Dai personaggi poi è uscito il plot, ed è questa una cosa che voglio ripetere nel prossimo futuro.
Giampaolo Morelli: mentre eravamo a Courmayeur abbiamo cominciato a scrivere il film, pensando le parti sui nostri amici e sugli attori che poi abbiamo contattato.
Antonino Iuorio: per riallacciarmi al discorso del plot che nasce dai personaggi vi racconto quello che successe proprio a Courmayeur durante il festival del noir, una notte sognai per davvero di correre e poi di avere un crampo ad una gamba (lo racconta il personaggi di Iuorio in una scena - n.d.r.) mi svegliai e cominciai a gridare, allora cominciò a gridare anche la persona che era con me, Mastrandrea dormiva nella camera accanto, sentendo le grida immaginò che stesse accadendo tutt'altra cosa (risate n.d.r.), il giorno dopo raccontando l'accaduto agli altri ci facemmo molte risate e decisero di mettere l'episodio nella sceneggiatura.

Nel film troviamo anche un gangster filosofo, una cosa insolita per il genere, come ci siete arrivati?
Marco Manetti: più che filosofo lo definiremmo un attento osservatore. Da ragazzi pensavamo di girare una serie di film gialli con protagonista un gangster investigatore, il personaggio di Morelli è un po' Sherlock Holmes, questa idea fusa con l'idea di Morelli di tre persone chiuse in un ascensore con una bomba, ci ha portato poi al resto del film.

Il premio del pubblico a Courmayeur vi fa pensare di sapere cosa vuole il pubblico?
Marco Moretti: no,non penso proprio. A Courmayeur c'è il festival del noir, quindi il pubblico che lo frequenta è particolare. Quel che cerco sempre di fare è girare film che avrei voglia di vedere come spettatore.
Antonio Manetti: in effetti amiamo cose che non ama il grande pubblico, cose un po' di nicchia, inevitabilmente le mettiamo anche nei nostri film.

In un clima rilassato e gioviale i nostri ospiti ci salutano, contenti e soddisfatti del lavoro svolto, un lavoro come piace a loro, libero da vincoli distributivi e produttivi che spesso premiano i film che non lo meritano e lasciano passare sotto silenzio film di maggiore qualità.



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