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17 Ottobre 2009 - Intervista
"My Flesh My Blood"
Intervista al regista.
di Mauro Corso
Incontriamo il regista polacco Marcin Wrona, che ha presentato il suo primo lungometraggio (Moja Krew - Il mio sangue) nella sezione Extra - l'Altrocinema in un luogo non molto lontano dal tanto favoleggiato Red carpet. Un tappeto rosso che purtroppo molto spesso non riguarda registi come Wrona che lavorano con impegno e passione a progetti che poi si trasformano in lavori davvero notevoli, come questo Moja Krew.
Marcin Wrona è un gigante, un omone che incute un timore stemperato solo in parte dai suoi profondi occhi azzurri. Viene spontaneo domandare se sia anche lui un boxer come il protagonista. "No, no, -si schernisce Wrona- mi sono avvicinato a quel mondo solo per il film. Ho iniziato andare nella palestra in cui praticava il protagonista, Eryk Lubos e allora anch'io ho iniziato a fare un po' di box, ma sempre a livello amatoriale. Per le parti sportive ho avuto una consulenza molto importante, ho potuto contare sull'aiuto di Marek Piotrowski, che come gli appassionati sanno bene è stato campione mondiale di kick-boxing. In un certo senso il personaggio di Igor ha molte somiglianze con Marek, perché anche lui ha dovuto smettere di combattere poco più di dieci anni fa per problemi di salute. Anche per questa ragione ho deciso di farlo entrare nella pellicola come istruttore di box, un personaggio molto importante nella vita di Igor".
Non è un caso, aggiungiamo, che sia presente nella scena finale assieme al protagonista. Nel film emerge una Varsavia insolita, poco esplorata "In effetti -prosegue Wrona- nel film faccio entrare in contatto due mondi nascosti ma molto presenti. Da una parte c'è il mondo di chi pratica la box, un mondo sotterraneo e sconosciuto, dall'altro c'è la comunità vietnamita, una minoranza molto presente nella capitale della Polonia eppure molto nascosta. Con il direttore della fotografia Pawel Flis abbiamo cercato di rendere questa diversità di mondi con i colori e con la luce. Nel mondo di Igor prevalgono le tonalità cromatiche più cupe, il buio. Quando arriva Yen Ha, la ragazza vietnamita, lei si porta dietro un mondo fatto di colori, nel film compare per la prima volta il cielo azzurro". Com'è nato il personaggio di Igor? "Come spesso capita è un personaggio in cui ho messo molto di personale, si potrebbe quasi dire che sia un personaggio autobiografico. Igor di fronte alla morte cerca di trovare un senso alla propria esistenza e inizia a cambiare dentro, profondamente. Ho cercato di rendere questi cambiamenti (che sono invisibili) in maniera impercettibile". Poiché nel cinema polacco la collaborazione tra regista e direttore della fotografica è, per così dire, storica, viene naturale chiedere come sia stato il lavoro con Pawel Flis: "è una cosa molto importante -conferma Wrona- perché si crea una sinergia che fa diventare il film un progetto comune, altrimenti si corre il rischo che regista e direttore della fotografia lavorino a due film diversi. Quello che ho notato in Flis è stata la sua attenzione nei confronti dei personaggi; lui non pensava cioè solo alla fotografia e a quello che doveva fare ma ha cercato di mantenere sempre un'attenzione altissima ai personaggi, alla loro storia personale".
L'ultima cosa che chiediamo è l'ultimo film visto. Anche Wrona ammette quindi di avere visto Inglorious basterds "Tarantino ha la capacità straordinaria di confezionare film divertenti, ma che allo stesso tempo nascondono dei temi molto importanti. Impossibile non amarlo". Su quest'ultima nota ci auguriamo che anche il film di Wrona veda la luce in Italia, perché se lo merita davvero.
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