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21 Febbraio 2006 - Conferenza Stampa
"La terra"
Intervista a regista e protagonisti.
di Ilaria Ferri
Nel film sembra esserci anche il tema della solidarietà familiare, che prende un fare quasi mafioso quando si deve salvare uno della famiglia, avevate considerato questo aspetto? Il milanese torna al sud ed è risucchiato da queste dinamiche malavitose?
Sergio Rubini: il film trasuda di affettività che forse adombra un po' le problematicità e i conflitti etici, forse sul copione gli interrogativi morali erano più espliciti, ma assolutamente non volevo dire questo. Mi spiace davvero se la si vede in questo modo ma non sono assolutamente d'accordo, vi racconto un altro film: in questo caso invece del pugliese racconto la storia di un milanese che litiga col papà e a diciotto anni viene mandato in Puglia,dopo tanti anni passati nel sud torna a Milano e scopre che il fratello più piccolo ha ucciso il più cattivo della città liberando tutti dalla sua tirannia, allora lo prende e lo porta in galera, ma che film è? Cosa racconta? (risate n.d.r.).
Fabrizio Bentivoglio: io penso che fare un film sia un gesto poetico, l'aspetto etico o politico sono legati all'interpretazione che ciascuno che guarda gli da.Pretendere di avere dal regista che è presente delle spiegazioni su quello che ha voluto dire, sia penalizzante perché i significati sono molteplici e ognuno è libero di darei suoi. Perché dobbiamo chiudere in uno sgabuzzino un film così bello? Evviva la molteplicità e la difficoltà di dare un senso alle cose!!
Come ha scelto gli attori che hanno impersonato i fratelli? E che spazio gli ha lasciato? La sceneggiatura era di ferro o poteva essere cambiata girando?
Sergio Rubini: Bentivoglio è in questo film da sempre,fin da quando ne parlammo con Procacci dodici anni fa, tutti gli altri sono stati scelti con cura. Io sono un rompiscatole, quando ho un'idea cerco di seguirla fino in fondo, spesso sono aggredito dai dubbi e cerco di seguire anche quelli. Faccio provini e incontri ma soprattutto cerco di far comunicare la sceneggiatura con gli attori, proprio perché anche io sono un attore. Provo molto, ho avuto vicino a me dei grandi attori, il film indipendentemente dal fatto che vi sia piaciuto o meno, è recitato bene, sarei uno stupido se non lo dicessi. Sono convinto che la buona recitazione è una cosa di cui non si può fare a meno, cerco di trasmettere questa mia convinzione agli attori, che la fanno loro e così si sentono fondamentali. Ho avuto accanto a me Procacci che è davvero molto attento al lato creativo, devo confessarvi che è stato lui a suggerirmi di impersonare il personaggio di Tonino, non mi sentivo affatto adatto per quel ruolo, soprattutto fisicamente. Avevo terrore di non essere in grado di fare questo personaggio.
Claudia Gerini: con Sergio e Domenico c'è stato un incontro, non è stato un vero e proprio provino, inizialmente mi hanno raccontato la storia, poi quando ho letto il copione ho trovato la storia molto vitale, non ho trovato cupezza, i personaggi assolutamente espressionistici e vivi, un sud in moto verso l'evoluzione. Ero molto orgogliosa di essere stata contattata da Sergio perché ho molto amato i suoi film. Mi ha diretta molto bene, perché lui è uno che ha un'idea molto precisa e te la spiega, ti ci fa trovare dentro in maniera molto naturale. Con lui abbiamo pensato ad una donna diversa, estranea da questo sud passionale, una donna molto chic, molto fredda, dicevamo hitchcockiana, sentivo la responsabilità di dare una luce bionda a questo personaggio, del tutto diversa dal contesto in cui si trova, quasi uno specchio del suo uomo, realizza di non poter entrare e capire in ciò che sta accadendo ma decide di stare comunque accanto al suo compagno. Si parlava prima di sceneggiatura blindata, e un po' lo è, nel senso che cambiavamo anche le parole del copione ma le sceglievamo con cura, con molta attenzione ad ogni vocabolo e al suo significato.
Emilio Solfrizzi: premetto che io oltre Domenico e Sergio, io sono l'altro pugliese del film… (risate n.d.r.). A parte gli scherzi, io volevo a tutti i costi essere in questo film, quando ho saputo che Sergio faceva i provini, provavo a infilarmici in ogni modo, il mio agente mi ripeteva "Non è per te sono tutti più grandi" poi ho visto che avevano preso Paolo (risate n.d.r.). avrei chiamato Domenico per chiedergli "quando costa fare un provino?" (risate n.d.r.) Spero di essere stato scelto per altre caratteristiche oltre l'essere pugliese (risate n.d.r.), anche se hanno una certa invidia per il fatto che io sono l'unico vero barese… (risate n.d.r.) Per sdrammatizzare quanto detto finora posso dirvi quanto Sergio sia rompiscatole, invadente e invasivo sul set, ma così affascinante che ne subisco ancora adesso il fascino.La sceneggiatura è talmente blindata da non esserlo, un po' come il personaggio che mi ha chiesto di fare "vorrei che fosse tragico ma comico, vorrei che gli opposti coincidessero.." tutte indicazioni utili per un attore… (risate n.d.r.). Il film per me è stato un'esperienza piena ed esaltante, l'entusiasmo la passione e il coinvolgimento di Sergio sul set era tale che contagiava tutti noi. Sergio stesso è così tanto blindato, oltre la sceneggiatura blindata, ma è così preciso nel chiederti le cose che lui vuole che tu gli restituisca, che ti lascia quel margine per improvvisare e te lo chiede, lo pretende!
Paolo Briguglia: accadeva spesso che ripetevamo quattro, cinque anche sei volte una scena e poi all'ultimo Sergio diceva "facciamo qualcosa di totalmente diverso" e tu gli chiedevi "Cosa?" e lui ti rispondeva "non lo so" e li bum! Usciva una cosa buona, che sorprendeva tutti, te per primo che l'avevi fatta! Questo perché si è talmente dentro il lavoro, con le prove, il testo! Un' altra sensazione bellissima è l'evoluzione del personaggio, seguita passo passo con la sua guida.
Fabrizio Bentivoglio: volevo aggiungere qualcosa sulla coabitazione di tragedia e commedia, bisogna trovare una misura giusta e delicata e cercare di mantenerla per tutto il film calibrandola giorno per giorno, e non è semplice. Le sceneggiature, legandoci a quello che si diceva prima, non sono mai blindate, hanno una duttilità perché sono dei pretesti. Se un film fosse una trascrizione perfetta della sceneggiatura,probabilmente sarebbe qualcosa che non farebbe contento né chi lo guarda né chi lo fa, è un qualcosa che va superato. Il percorso fatto con Sergio e gli altri attori è stato questo, portare nella vita qualcosa che era sulla carta. Non ci sono chiavi per fare questo, è un viaggio al buio, da affrontare giorno per giorno senza alcuna certezza, se non forse alla fine quando si vede il film montato. Ma non è neanche detto perché non si può essere sicuri di nulla perché non tutto quello che si fa è spiegabile, ci sono cose che sfuggono. E' stato un lavoro estremamente delicato e affascinante.
Nei film degli ultimi tempi, vedi Match Point, o Arrivederci Amore Ciao, il colpevole non viene mai punito, come mai?
Sergio Rubini: nel mio film il personaggio si fa giustizia da solo, a modo suo, e qui si vede purtroppo il distacco tra il cittadino e lo stato. Più in generale penso che in questo periodo il delitto senza castigo sia dovuto alla distanza che c'è tra l'uomo e dio. Una distanza siderale tra l'uomo che ha posto una serie di domande al cielo ma le risposte non sono mai arrivate, quindi il castigo ormai è stato inesorabilmente affidato alle mani dell'uomo, è un problema che ha a che fare con la filosofia piuttosto che con la politica, la televisione o cose simili.
Con questa vena filosofica chiudiamo a malincuore la conversazione col cast de "La Terra" che sarebbe potuta continuare per ore senza stancare.
Il fiume di parole con cui Rubini ci ha travolto,ci ha arricchito e affascinato, ci ha mostrando tutto il suo carisma,la sua passione e la sua preparazione. Non sarà un caso che spesso gli stessi attori e registi si trovano a collaborare insieme per più di qualche film, non è un caso appunto che Bentivoglio sia altrettanto passionale e carismatico.
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