La terra
L'ultimo lavoro di Sergio Rubini è la storia di Luigi, interpretato dal sempre affascinante e coinvolgente Fabrizio Bentivoglio, che fa ritorno al paese di origine, Mesagne (provincia di Brindisi), dopo averlo abbandonato tanti anni prima. Qui ritrova i suoi tre fratelli (Venturiello, Solfrizzi e Briguglia) che conducono esistenze molto diverse, strettamente legate alla realtà in cui vivono, che è poi la realtà delle piccole città della provincia italiana, soprattutto del sud, alle prese con le ingiustizie del "signorotto" del paese, tra debiti, campagne elettorali, pettegolezzi e volontariato.
Dopo tanti anni d'assenza, Luigi capisce subito di essere cambiato, di aver dimenticato le dinamiche di vita della terra di origine tanto da sentirsi un estraneo e di conoscere davvero poco i suoi fratelli; ma il richiamo del sangue lo porterà a delle scelte e a dei comportamenti che nella vita condotta fino a quel momento a Milano non avrebbe mai pensato di assumere, il passato e il presente gli si pareranno davanti cercando una riconciliazione.

Il film non può essere collocato in un genere cinematografico ben definito: al livello stilistico troviamo richiami a diversi generi: i campi lunghi della terra brulla e arsa dal sole, i particolari degli occhi in alcune scene, le riprese dall'alto fanno pensare all'iconografia del genere western, come pure l'omicidio che avviene all'incirca a metà del film e le relative indagini fanno pensare ad un giallo, in più troviamo anche momenti altamente drammatici e altri più divertenti.
Dal punto di vista registico "La Terra" è un film ben curato, la macchina da presa si muove fluidamente attorno ai protagonisti e ci mostra in tutta la sua passionalità, arcaicità e drammaticità la terra d'origine. Ottimo è l'inizio in cui con un flashback ci viene raccontato il motivo per cui Luigi ha lasciato Pesane, con un montaggio serrato e simbolico, quasi delle attrazioni, in cui il colore rosso diviene simbolo di emozioni violente, di sangue e di vita stessa.
Anche da un punto di vista narrativo le citazioni che si possono cogliere sono tantissime, dalla saga familiare della "roba" verghiana, alle atmosfere da tragedia greca, al curioso svolgersi del fato e della ragione umana pirandelliane.
Sono molti i temi che Rubini affronta nel suo film, spesso fare questo porta ad una superficialità o frettolosità nel gestire le cose che qui invece non troviamo affatto. La delicatezza e la profondità dei sentimenti che il regista infonde sempre e riesce a far infondere nei suoi film, permettono ai personaggi, e quindi allo spettatore, di compiere un percorso e di crescere all'interno della storia.
Tutto il cast offre un'ottima prova di sé, riesce al meglio a mostrarci l'amore e la passione che muovono le vicende e le persone, anche la costruzione dell'intreccio è coinvolgente.
Non ci troviamo di fronte alla solita drammatica e ripetitiva storia italiana, sebbene questa sia una storia profondamente italiana, che sia un altro spiraglio di luce del cinema italiano, sempre troppo e banalmente ripiegato su se stesso?

La frase: "Statt'attento ai parenti professò!".

Ilaria Ferri

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