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05 Settembre 2006 - Intervista
"La stella che non c'è"
Intervista all'attore Sergio Castellitto.
di Andrea D'Addio
Nel film non si parla del passato del protagonista. Avete parlato molto con Amelio di questo prima di iniziare le riprese?
Sergio Castellitto: Si, dovevamo dare l'impressione che parte un uomo solo, che non ha legami con nessuno. Parte dalla ruggine della prima immagine, l'acciaieria italiana è un cimitero. Un becchino che abbandona un vecchio cimitero per andare verso la luce, il fulgore dell'acciaio. Ed anche l'amore visto che capisce che dopotutto non è importante la valvola, ma altro nella vita.
Com'è stato il rapporto con l'attrice?
Sergio Castellitto: Lei è stata adorabile e ammirabile, ed il bello è che non è un'attrice.
E' stato difficile imparare un poco di cinese?
Sergio Castellitto: Difficilissimo, tant'è che non l'ho imparato!
Amelio ha dichiarato che talvolta alcune scene gliele cambiava il giorno prima…
Sergio Castellitto: Vero, alcune la sera prima, altre volte la mattina stessa. Ma io ho accettato con entusiasmo questa cosa. Lui scrive lì, ambienta lì, si lascia trasportare dal posto e corregge, rielabora. E una delle penne che usa è l'attore. Ed io (lo dice sorridendo) sono insomma una bella stilografica!
Ormai è l'attore più importante in Italia. Tutti i maggiori film vantano la sua presenza. Ha mai pensato di provare produzioni che non siano italiane o francesi?
Sergio Castellitto: Io non ho sogni nel cassetto, e detesto quelli che li hanno perché spesso per gli attori confinano con le frustrazioni. Io sono curioso di tutto, di lavorare con un film esordiente o di uno sconosciuto. Io considero il successo come la libertà di scegliere a cosa lavorare.
Ha mai rifiutato offerte di produzioni americane o inglesi?
Sergio Castellitto: Si, è capitato anche in un paio di occasioni molto importanti perché stavo facendo altre cose. Non dico quali film per correttezza verso gli attori che poi hanno scelto di farli. Poi ci sono film che ho scelto di non fare perché non volevo che i miei figli mi vedessero.
Progetti futuri come regista?
Sergio Castellitto: Lo sto scrivendo, ma è ancora un bozzolo.
Si è mai ispirato come regista a qualcuno con cui ha lavorato?
Sergio Castellitto: No, mai. Non c'è bisogno a mio avviso di ispirarti in modo cosciente verso altri. Le esperienze ti entrano dentro, poi escono fuori da sole. Ho lavorato con gente bravissima, ma esplicitamente non ho mai copiato o pensato a nessuno.
Al tuo figlio più grande il film è piaciuto?
Sergio Castellitto: Si, molto. Era stato anche dieci giorni in Cina durante le riprese. Se io penso che quando ero piccolo al massimo andavo ad Anguillara (cittadina sul lago vicino Roma)..
Sulla cinematografia cinese che qui al festival moltissimo…
Sergio Castellitto: Ho conosciuto il cinema orientale con quel capolavoro che è Lanterne rosse. E poi ho visto anche altri film. Una cinematografia che ammiro molto. Non so se la amo molto, ma la ammiro.
Mai scelto un film o rifiutato perché "ideologico". Purtroppo spesso in Italia la cultura è schierata…
Sergio Castellitto: Mai rifiutato per queste ragioni: ho orrore di qualsiasi forma di ideologia. Credo nell'individualità, nelle scelte personali. L'ideologia è deprecabile
Il film di Stone sull'11 Settembre però ha avuto molti detrattori proprio perché "patriottico", nonostante a Stone tutto si possa criticare tranne che non sia un pensatore libero…
Sergio Castellitto: Stone davvero guai a chi lo tocca. Poi dietro a quel film c'è una tragedia che non è solo americana, ma una tragedia che ha cambiato le vite di tutti noi, di tutti i miei figli.
Probabilmente anche della storia raccontata qui per certi versi…
Sergio Castellitto: Esatto. Ha cambiato il mondo.
E' diverso l'approccio che ha tra un film per la televisione e uno per il cinema?
Sergio Castellitto: No, sono sempre film. L'importante è fare le cose per bene. Sto per fare un film per la tv molto bello, sulla camorra e su di un prete che va a salvare i ragazzi che rischiano di entrarci…
Manca un poco in Italia un cinema impegnato come era quello di Rosi?
Sergio Castellitto: Tutto è politico, ma quel cinema lì oggi non so quanto potrebbe andare. Rosi, Petri, due giganti, pur volendo raccontare la politica, la storia, mettevano al centro la drammaturgia, la potenza dei caratteri, dei personaggi. Come fa il grande cinema americano che se fa The insider, però il codice non è la politica, ma la relazione psicologica tra i due protagonisti.
Per chiudere: due anni fa Amelio si presentò qui al festival con Le chiavi di casa, e dopo non aver vinto nessun premio ci furono tantissime polemiche. Sentite un poco la responsabilità di dover ambire al Leone d'oro con questo film?
Sergio Castellitto: Beh è un film che è costato tanto sia da un punto di vista economico e creativo. Ottanta giorni meravigliosi, ma faticosi, quindi c'è una spugna di emozioni, di fatica e di lavoro che lo compongono. E' chiaro che uno lo porta a questo festival con la speranza che piaccia. Poi per quanto mi riguarda credo che il primo premio sia il pubblico, poi tutto il resto sono foto e copertine.
E così leviamo la torcia sulla mente di Castelletto. L'abbiamo spremuta abbastanza…
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