La stella che non c'è
Dire "Cina capitalista" un giorno sarebbe stato un "ossimoro", un paradosso. I tempi però cambiano e così nonostante si possa ancora dire che la Cina è comunista, possiamo tranquillamente credere che loro intermediari finanziari vengano a comprare macchinari in Italia per girarli a fabbriche del loro Paese.

E' così che accade in "La stella che non c'è", solo che l'altoforno venduto è difettoso. Lo sa l'ex manutentore dell'acciaieria dismessa Vincenzo Buonavolontà (Sergio Castellitto, con cui noi di FilmUP.com abbiamo realizzato una bella intervista) che parte alla volta di Shangai per spiegare che, causa guasto non svelato, c'è il rischio di una tragedia. Peccato però che capire in quale fabbrica il macchinario sia andato a finire non è affatto semplice. Comincia così un intenso viaggio per la nazione asiatica assieme ad un'interprete trovata per l'occasione…

E' strano pensare come mentre per noi i cinesi siano lo spettro della disoccupazione, noi da loro non veniamo quasi calcolati ("Gli italiani sono irakeni?" si chiede un personaggio del film). Quello del film è quindi un viaggio inverso (noi da loro) che lavora su due traiettorie. La prima è quella sociologica e descrittiva di una Cina che continua ad essere tanto forte economicamente nel suo essere paese emergente, quanto povera nei suoi abitanti . La seconda è quella minimalista legata alla storia del suo protagonista. Un personaggio di cui non si conosce il passato, che si muove in virtù di un obiettivo tanto nobile quanto arido (il cambio di una centralina dell'altoforno) e che proprio grazie all'ambiente che lo circonda, all'umanità delle persone che incontra, capisce che la vita è anche altro. E così questa stella che non c'è è tutto. E' il calore di un affetto mancante, la ragione di un'esistenza che finisce per nutrirsi solo di lavoro, è una madre emigrata in Italia e la luce che non si accende in un giocattolo. Non c'è retorica ( basta vedere il dialogo tra Castellitto e la ragazza cinese quando quest'ultima gli elenca i suoi grandi problemi) e ne esce un film asciutto, che difficilmente vincerà il Leone d'oro (come invece si augurano realizzatori, ma anche per diverse ragioni, molti dei nostri politici) vista la difficile empatia che si dovrebbe creare tra protagonista e spettatore, ma che tenta di dire e dare spunti per trovare quel che per noi dovrebbe rappresentare il corpo celeste del titolo. Anche perché, parafrasando una bellissima canzone di Bennato sull'isola, "non può esistere una stella che non c'è…"

La frase: "I cinesi prima ti fanno lo sgambetto, ma poi ti aiutano a rialzarti".

Andrea D'Addio

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