29 settembre 2004 - Conferenza stampa
"La mala educacion"
Intervista a Pedro Almodovar, Fele Martinez e Javier Camara
di Laura Spina


Pedro Almodóvar si trova in questi giorni a Roma, assieme a parte del cast artistico che ha lavorato con lui, per promuovere il suo nuovo film "La Mala Educación".
La voglia di raccontarsi e la foga con cui risponde alle domande sono paragonabili ad un fiume in piena, e questo evidentemente perché, come afferma egli stesso, è "ossessionato dal non essere capito". Attacca subito dal principio, ossia dal titolo: "In Spagna, il termine 'educacion' ha due significati: le buone maniere da un lato, l'educazione in senso accademico dall'altro; chiaramente, l'educación del titolo si riferisce alla seconda, e più precisamente a quella di stampo religioso. Voglio precisare che questo non è un film autobiografico, ma la sceneggiatura prende spunto da molti dei miei ricordi: la mia educazione in collegio è stata pessima, perché a quell'epoca i preti non erano assolutamente in grado di insegnare - tranne i professori di matematica, che erano laici e avevano le competenze necessarie per farlo. Più che formare lo spirito dei bambini, essi finivano spesso per deformarlo". Padre Manolo, uno dei tre protagonisti del film, dovrebbe dunque essere definito il "cattivo per antonomasia", ma Almodóvar si affretta a sottolineare: "I personaggi del mio film non sono né buoni né cattivi. Sono, per certi versi, peggiori dei cattivi, in quanto decidono deliberatamente cosa fare della propria vita. Ma, allo stesso tempo, hanno qualcosa di positivo perché "scelgono l'oscuro", ma poi non si lamentano delle conseguenze e le accettano consapevolmente. Il cinema permette anche questo, il miracolo di parlare del peggio che c'è nell'essere umano".
Quello del regista spagnolo, dunque, è un film profondamente cupo, oscuro per l'appunto, ma "alla fine i personaggi riescono a sopravvivere. E sopravvivere è di per sé già un bene, è qualcosa di positivo. Per esempio Enrique: nonostante abbia finito per "farsi del male" perché ossessionato dalla ricerca della verità, ha la forza di reagire e, come si legge nei titoli di coda, continuerà a girare pellicole con la stessa travolgente passione". Il cinema, del resto, è il più grande protagonista del film proprio perché ritenuto una sorta di educazione alternativa; non è certo un caso, insomma, che chi arriva a ricostruire la realtà dei fatti (e, cioè, colui il quale diventa strumento del pubblico per la scoperta della verità) di professione faccia il regista.
E con un balzo dal piano della finzione a quello della realtà, si chiede proprio ad Enrique, alias Fele Martìnez, come sia stato lavorare con un regista come Almodóvar. "Molto semplice. E' una persona straordinaria, geniale e soprattutto infinitamente generosa. Quando devo preparare un personaggio voglio sapere tutto sul suo conto, ed in questo Pedro è stato preziosissimo: mi ha detto tutto quello che c'era da sapere su Enrique, spiegato ogni minimo dettaglio. E' stato facile interpretarlo". Per Javier Càmara, invece, non è stata la prima volta su un set di Almodóvar, avendo già interpretato per lui Benigno, uno dei protagonisti di "Parla con lei": "Per me è stato un onore lavorare di nuovo con Pedro, un'esperienza davvero fantastica". Ed il regista aggiunge: "Javier, in questo film, ha una piccola parte ma molto importante, perché il suo personaggio aveva il compito di alleggerire per un po' i toni cupi della storia. Poi, quando vedi che un attore prepara il proprio ruolo come se fosse quello del protagonista è davvero una grande soddisfazione, e sintomo di estrema professionalità".


  

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