10 Settembre 2009 - Conferenza stampa
"La doppia ora"
Intervista al regista e al cast.
di Francesco Lomuscio

Affiancato dagli attori protagonisti Filippo Timi e Kseniya Rappoport e dagli sceneggiatori Stefano Sardo, Ludovica Rampoldi e Alessandro Fabbri, il regista Giuseppe Capotondi è approdato presso la 66ª edizione della Mostra d'arte cinematografica di Venezia per presentare alla stampa "La doppia ora", sua opera prima.

Questo è un film interessante sotto tanti punti di vista, ma, soprattutto, è un film molto coraggioso…
Giuseppe Capotondi: Abbiamo usato gli stilemi del film di genere per raccontare, però, una storia un po' più piccola: il percorso di questi due personaggi che sono, appunto, Sonia e Guido, i quali non riescono a valutare la seconda occasione che gli viene offerta. Credo che avremmo potuto usare qualsiasi altro genere, ma il thriller o noir ci sembrava più divertente da fare, più cinema cinema.
Stefano Sardo: Quando si entra in un territorio di genere, non un genere specifico, andiamo incontro a quello che è il nostro immaginario, quindi abbiamo costruito questa storia sui personaggi, andando dietro a quelle che le premesse suggerivano come proposte interessanti.
Filippo Timi: Io fui entusiasta dell'inizio della sceneggiatura, con un uomo che non ha una donna e i motivi di questa mancanza si scoprono in seguito; poi va in uno speed date per trovare donne che vogliono la sua stessa cosa: sesso, sano sesso, mi piace (ride). E' interessante che un uomo, sopra i trent'anni e che potrebbe continuare a vivere fino ai sessanta con l'amore tagliato via, ma anche fino ai settanta, come ci sta insegnando il mondo… va bene dai, parliamo del film (ride). Insomma, è interessante avere un uomo che s'innamora a trentacinque anni, mettendosi in gioco con tutto quello che ne consegue. Credo sia un messaggio sano quello di mostrare una persona che corre il rischio con tutto quello che può accadere, piuttosto che stare con il corpo appagato e il cuore recluso.
Kseniya Rappoport: Io, invece, quando ho iniziato a leggere la sceneggiatura ho pensato che era la prima volta che mi proponevano il personaggio di una ragazza così romantica e buona; poi c'è un risvolto drammatico e capisco che non è buona per niente (ride). Poi c'è un altro risvolto, era un viaggio, un'avventura leggere la sceneggiatura, sono rimasta incantata.

Giuseppe, prima di questo film hai diretto molti videoclip. Quanto ti hanno influenzato?
Giuseppe Capotondi: Quello che mi hanno insegnato la pubblicità e i video musicali è lo stare sul set, alla fine il mestiere del regista è quello di mettere insieme la troupe per portare delle immagini a casa; poi è ovvio, i formati sono diversi, i video musicali durano qualche minuto e gli spot solo pochi secondi. Però, tramite essi, credo di aver imparato la capacità di sintesi.

Quale è stata la difficoltà più grande riscontrata durante la lavorazione de "La doppia ora"?
Giuseppe Capotondi: All'inizio pensavo che la difficoltà più grande sarebbe stata quella di stare sei o otto settimane sul set, in realtà, poi, si crea un'atmosfera quasi familiare di albe e pranzi al sacco insieme, quindi non è così complicato, non ci si stanca. La sceneggiatura, poi, era di ferro, ho più difficoltà nel raccontarla ora (ride).

Potete raccontarci qualcosa sul lavoro svolto in fase di script?
Ludovica Rampoldi: Tutte le idee ci sono venute facendo altro, ci siamo riuniti a casa mia per parlare di un altro progetto, poi, in un pomeriggio di distrazione, abbiamo cominciato a porci delle domande su questa storia che c'era venuta in mente, abbiamo seguito i personaggi e usato il genere per raccontare quella che, semplicemente, è una storia d'amore declinata sui temi della fiducia e del cambiamento. Poi, noi lavoriamo spesso insieme e ci dividiamo sempre il lavoro con facilità.

E' giusto dire che il film ha un'impronta lynchana?
Alessandro Fabbri: Lynch ci piace molto, almeno a me (ride). La cosa che ha detto Ludovica è molto vera: ci piaceva il tema dell'amore nel vestito di un thriller, abbiamo cercato di mantenerlo vivo lavorando sul genere. Poi, è ovvio che, immaginando le scene, ci siano riferimenti più o meno consci a una certa filmografia, semplicemente perché ti accorgi che stai andando su quel genere e tutti i film che hai visto possono intervenire.

Avete avuto modo di vedere qualcuno degli altri film presenti quest'anno a Venezia?
Giorgio Capotondi: Io personalmente, per problemi di orari, non sono riuscito a vedere niente, a parte "La sangre y la lluvia", molto bello, un film delle Giornate degli autori.
Kseniya Rappoport: Io e Filippo abbiamo visto "Il grande sogno" di Michele Placido, bellissimo film con attori bravissimi. Poi, per me è sempre una festa andare al cinema.
Filippo Timi: Sì, lo abbiamo visto ieri sera, poi, io mi sento in un certo senso parte di quel film, non so perché. Straordinario il lavoro degli attori: Scamarcio ha interpretato un ruolo difficilissimo, mai del tutto buono e mai del tutto cattivo, Jasmine Trinca è Brava e anche Argentero.

Il fatto che la protagonista si chiami Sonia, ti ha fatto pensare al tuo primo amore?
Filippo Timi: Sì, però non parliamone più perché è sposata con mio cugino, hanno tre figli e mi ha chiesto espressamente "Basta" (ride).

Quando pensi di fare un film comico?
Filippo Timi: Secondo me, è davvero complicato scrivere una commedia intelligente, che faccia ridere e non si basi su scorregge e tettone. Io adoro anche il cinema demenziale, tipo "Scemo e più scemo", "Una pallottola spuntata" e "L'aereo più pazzo del mondo", ma, come lavoro attoriale, preferirei una commedia più seria; arriverà quando dovrà arrivare. I vari film che ho fatto sono stati sempre un regalo che non mi sarei mai aspettato, perché sono ancora un provinciale convinto. E' una bugia, però un po' è vero (ride).

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