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La cura del gorilla.
Sandrone, detto il Gorilla, soffre sin da bambino di una particolare forma di sdoppiamento della personalità. Nel suo corpo vivono infatti due persone: la prima, Sandrone, è bonaria, cialtrona e ironica, tanto quanto la seconda, il Socio, è razionale, fredda, violenta. Per la paura di finire in manicomio, Sandrone ha perciò deciso di passare la sua vita nell'ombra, guadagnandosi il pane come investigatore senza licenza. La sua malattia, infatti, lo ha reso incapace di dormire, e l'insonnia perenne è perfetta per lavori di sorveglianza e pedinamento.
Dopo l'ennesimo ricovero ospedaliero, pugnalato da un serial killer, Sandrone decide di accettare un lavoro più tranquillo: fare da accompagnatore a un vecchio attore americano dimenticato da tutti, in Italia per fare da guest star a una convention. Ma mentre esegue di malavoglia il suo compito, Sandrone si trova a dover aiutare una ragazza cui hanno ucciso il fidanzato. Troppo, per un uomo solo.
Per fortuna sono in due, lui e il suo Socio…
La cura del Cinema il terzo colpo.
Visto dall'alto il borgo antico di Gallipoli sembra una casbah. Case bianche, mare blu intenso, odore di pomodoro fresco e scirocco. Sotto un sole accecante lo squillo di un cellulare.
Nella mia vita, ho avuto tre momenti magici, tre colpi di fortuna. Il terzo, in ordine di tempo, è stato a Gallipoli poco più di un anno fa: il mio agente mi telefona da Roma per dirmi di dare un'occhiata ad un soggetto, tratto da un romanzo di Sandrone Dazieri. Qualche settimana dopo, nelle nebbie di via Salomone a Milano, Sandrone (Dazieri), Claudio (Bisio) ed io cominciamo quest'avventura e di lì a poco siamo in una cartiera abbandonata alla periferia sud di Milano a girare "La cura del Gorilla", prodotto da Warner Bros. Pictures e Colorado Film.
Io ho quarant'anni e vengo dalla pubblicità. Questo è il mio primo film. Il terzo colpo.
Dopo averlo montato, guardato e riguardato, abbiamo preso una decisione: "La cura del Gorilla" è uno spaghetti-noir. Non so esattamente cosa voglia dire ma mi sembra una definizione che possa esprimere bene lo spirito di un film, tratto da un romanzo noir, ma che noir non è fino alle estreme conseguenze. C'è un morto, un'indagine e alla fine un colpevole, è vero, ma quello che più mi ha affascinato dei libri di Sandrone è lo sdoppiamento del protagonista, il Gorilla ed il suo Socio. Una schizofrenia più ideologica che clinica, traumatica forse, a volte dolorosa ma ormai assodata, non tragica, che mette il personaggio ogni giorno di fronte all'altro se stesso.
Insieme al direttore della fotografia Federico Masiero, al montatore Claudio Cormio, al musicista Daniele Luppi, allo scenografo Marco Belluzzi ed al costumista Roberto Chiocchi abbiamo cercato soluzioni espressive che dessero al film una cifra stilistica particolare, realistica ma allo stesso tempo "di genere".
Ma il grosso del lavoro appunto lo hanno fatto gli attori: Claudio Bisio mi ha spiazzato, non solo per la sua dedizione quasi morbosa al progetto, ma per la serietà, le intuizioni, la misura con cui ha interpretato due personaggi dallo stesso volto, la convinzione (sospetta) con cui mi ha preso a pugni in un vicolo di Vimercate... e per il suo pessimo inglese, che ha contribuito a creare un rapporto surreale con un altro miracolo di questo mestiere: il grande Ernest Borgnine. Un privilegio assoluto trovarlo sul set la mattina, in mutande e canottiera o con un sombrero dorato. Più pudica invece Stefania Rocca, ma una potenza inesauribile, la vera diva del nostro set. E poi Antonio Catania che con mio grande dispiacere non indossa più il parrucchino color mogano e gli sgargianti abiti di scena di Giò Pesce. Peccato. E tutti gli altri, Gisella, Bebo, Gigio, Fabio, fino ai preziosissimi camei di elettricisti e macchinisti!
Girare questo film è stata un'esperienza indimenticabile e terrificante. Un morbo inguaribile. La mattina, bevendo il caffè e fumando la prima sigaretta con la troupe, mi montava un pericoloso e rassicurante senso di onnipotenza. Per quanto banale possa suonare, è con tutti loro che va condivisa la riuscita di questo film.
Mi manca solo di ringraziare mia moglie e mia mamma. Grazie!
Carlo A. Sigon
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