06 Settembre 2007 - Conferenza stampa
"Il passaggio della linea"
Intervista al cast.
di Giuliana Steri

Presenti il regista Pietro Marcello, il produttore Nicola Giuliano, il responsabile della documentazione Marcello Anselmo e la produttrice Francesca Cima.

Questo documentario nasce e ritorna nella notte. E' un progetto che richiede una ricerca sul campo molto capillare e attenta…L'idea ha avuto anche una genesi notturna, oppure emerge da una percorrenza dell'Italia alla luce del sole?
Pietro Marcello: Ci siamo messi sul treno e abbiamo ascoltato le persone, poi abbiamo incontrato Arturo Nicolodi e abbiamo seguito solo lui. L'idea è nata come ricerca sociale. Ci siamo accorti che si è ritornati alla situazione degli anni '50, ci si sposta dal sud al nord in cerca di un lavoro, solo che rispetto ad allora chi va al nord non ha più la possibilità di costruirsi una vita. C'è solo il presente, non c'è più un futuro.

Il film ha una forma fantasmatica: era già prevista oppure è emersa durante le riprese?
Pietro Marcello: La presenza di Arturo ha trasformato il film, lo abbiamo incontrato durante le riprese e abbiamo capito che era la persona giusta per rappresentare lo spirito del treno. Sicuramente la sua presenza particolare ha accentuato questa forma fantasmatica, che era però gia presente nell'idea di partenza.

Perché la figura di Arturo ha attirato la vostra attenzione ?
Pietro Marcello: Arturo è un vecchio europeista, inteso come europeista vecchio stampo, ha persino fondato il partito Nuova Europa. Nato a Bolzano, ha vissuto là fino al 1953 ed era una delle persone più ricche della città. Ha 90 anni e viaggia sui treni da 30 anni per una sua scelta, non per povertà.

Alla fine del film compare una lista di nomi. Cosa rappresentano?
Pietro Marcello: Sono i pochi espressi rimasti, circa 15.
Marcello Anselmo: Sono l'unica arteria rimasta della penisola italiana. Oggi il fenomeno della migrazione è pari a quello sviluppatosi negli anni '50. Prima però chi si spostava aveva un progetto di vita, ora è più un fenomeno di pendolarismo al quale consegue l'impossibilità di creare questo progetto, di vita o affettivo che sia.

All'inizio del film compare una citazione di Simenon dove si intende la parola linea come confine. Invece poi nel film la linea è vista come un orizzonte che non si riesce a raggiungere.
Pietro Marcello: La parola linea si può intendere in più modi nel film. E' ciò che separa la notte dal giorno. Oppure in riferimento a Arturo Nicolodi, la sua vita è cambiata dopo aver superato la linea e dopo non ha più potuto tornare indietro.

Il film, vista l'assenza di un racconto in esso, può essere inteso come un insieme di immagini sospese?
Pietro Marcello: Certo, e questo anche aiutato dal fatto che la maggior parte del film è girata durante la notte. Proprio la notte porta un senso di dilatazione, un che di delirante, perché la notte sembra non finire mai. Ho deciso di dare comunque la sensazione del tempo che passa con il perpetuo cigolio del treno, cosa che accade in tutti gli espressi dal momento che tutti sono dei treni molto vecchi. Il cigolio ritma il tempo ma contemporaneamente lo dilata. E stilisticamente ho voluto rendere ed accentuare questa sospensione del tempo anche tramite l'opposizione tra la staticità degli interni e la dinamicità degli esterni.

E' stato molto coraggioso produrre un film simile. Oggi la produzione è rivolta sempre di più a prodotti adatti anche alla tv ed è un peccato che in tv non vengano programmati dei documentari simili a questo. Visto anche il suo valore sociale sarebbe un'opera da far vedere alla classe politica.
Nicola Giuliano: Condivido l'idea di formattazione della produzione cinematografica, sempre più rivolta al mondo televisivo. Oggi è molto difficile in Italia produrre dei documentari che non siano già pensati come un prodotto televisivo. Con queste produzioni cerchiamo di difendere la libertà e l'indipendenza di espressione, il progetto del regista era molto bello e lo abbiamo seguito. E' una possibilità che ci diamo per scoprire e far crescere dei nuovi talenti. Il documentario è stato prodotto in collaborazione con RaiTre nell'ambito DocTre e verrà sicuramente programmato in tv. Abbiamo già avuto molti inviti a vari festival, a dimostrazione che il pubblico ha voglia di vedere dei film del genere.

Pensandoci bene è curioso… Arturo è un europeista convinto e ora che c'è l'Europa lui è confinato nei treni.
Pietro Marcello: Bisogna pensare che Arturo ha ancora la vecchia idea di Europa, che non coincide con l'Europa attuale. Lui non è confinato, ha scelto la libertà di viaggiare - anche in Europa - continuamente per non essere legato ad un luogo. Viaggiare è quasi una necessità più che una scelta di vita.
Marcello Anselmo: Il film è coraggioso perché inattuale, parla di treni in tempi di alta velocità. Inattuale è anche Arturo, è un aristocratico dei treni, luoghi dove si incontrano praticamente solo i pendolari.

La produzione Indigo riesce a far vivere delle cose complesse. E' difficile attuare ciò? E poi, si parla di assenza della creatività italiana, ma mi sembra che si debba più parlare di assenza di spazi per tale creatività.
Pietro Marcello: Posso solo dire che la produzione mi ha lasciato totalmente libero, ho sempre agito come meglio credevo, e questo per me è stato molto importante.
Francesca Cima: Certo, è difficile. Facciamo cose che ci piacciono e che ci piacerebbe vedere come spettatori. E' un privilegio ma come tale ha dei costi, comporta dei sacrifici, le persone sono costrette a lavorare anche con dei bassissimi budget. Tali produzioni si fondano principalmente sulla collaborazione delle persone che credono nel progetto. Abbiamo poi anche il canale della Fiction, abbiamo appena prodotto per esempio LA RAGAZZA DEL LAGO, produzione di valore più commerciale che ci permette poi di avere la possibilità per la sperimentazione. Il nostro obiettivo è di produrre almeno un'opera prima all'anno.

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