24 Marzo 2006 - Conferenza Stampa
"Il fantasma di Corleone"
Intervista al regista.
di Andrea D'Addio


Alla conferenza stampa di "Il fantasma di Corleone" sono presenti il regista Marco Amenta, il procuratore generale di Torino ed ex procuratore capo antimafia a Palermo dal 1993 al 1999 Giancarlo Caselli, e il fondatore del Gruppo Abele e di Libera don Luigi Ciotti.

Nel film mancano molti passaggi chiave della storia recente della Mafia…
Amenta: il mio obiettivo è rendere il documentario di facile lettura per il pubblico, che non sia pesante. Ecco quindi anche l'ausilio di musiche e di ricostruzioni storiche fatte come docu-fiction, volutamente non precisissime, ma certamente più accessibili".

Su questo film si è scatenata un poco di polemica dopo che sono iniziate le trattative per la messa in onda sulla Rai. Si è parlato infatti di tagli.
Amenta: il film è stato girato in 35mm per il cinema. Doc3, il programma della Rai interessato a trasmetterlo, ha uno slot limitato, 52 minuti. Il film ne dura 80. Da qui la necessità di apportare un sostanzioso taglio, che non nasce da motivi politici. È di oggi, poi, la notizia che Sky diffonderà il director's cut.

In molti passaggi pare che non si voglia dire di più, lasciando aperto il mistero su come davvero si siano svolti i fatti…
Amenta: io ho soltanto assemblato informazioni già esistenti, prese dai processi. In Italia manca il giornalismo investigativo di un tempo, quello che negli Stati Uniti pratica Michael Moore, io ho cercato di riprenderne un poco le atmosfere.

E' sempre attuale parlare di Mafia?
Don Luigi Ciotti: la mafia è anche un problema di democrazia: esiste il problema delle relazioni esterne con pezzi della politica e della finanza. Non basta occuparsi di mafia solo quando si fa sentire con le stragi, e quello di oggi è un film utile, perché va contro questa tendenza culturale. Non bisogna dimenticarsi della mafia (siciliana) in una fase attendistica come quella odierna, in cui approfittando del cono d'ombra si cicatrizzano le ferite e si intesse una nuova rete di rapporti.

Grazie alla legge 109 del 1996, fortemente voluta da ''Libera'' ed approvata all'unanimita' dal Parlamento dopo la raccolta di 1 milione di firme, terreni destinati a rimanere improduttivi posseduti dai mafiosi possono essere confiscati ed affidati a cooperative che li coltivano proficuamente, ricavandone generi alimentari, ma si era parlato di un cambio della legge…
Don Luigi Ciotti: solo per la chiusura dei lavori in Parlamento si e' impedita la modifica della legge sulla confisca dei beni. Se fosse andata in porto, sarebbe stata un dono ed un segnale per la mafia.

Sembra mancare però una reazione compatta, sono sempre in pochi a parlarne…
Don Luigi Ciotti: no, non è vero. Ed infatti abbiamo organizzato un appuntamento romano a metà ottobre rivolto a tutti coloro che operano a vari livelli sul fronte dell'antimafia, e dunque forze dell'ordine, intellettuali, giornalisti e tutti coloro che combattono le mafie. L'incontro proporrà sessioni di lavoro, di analisi e di progetto affrontati con grande spessore culturale ed educativo che investe il ruolo della comunicazione e proposte politiche. Le mafie non moriranno mai se non cambia la politica. Noi ci rivolgiamo ai suoi segmenti seri per sconfiggerla, come ha auspicato anche il presidente Ciampi.
Caselli: un film come questo di Amenta aiuta a mantenere alta l'attenzione su un problema non piu' percepito come prioritario. Si tende a concentrarsi sulla mafia, infatti, solo quando uccide'.

C'è anche un problema di informazione quindi….
Caselli: si, certamente. Prendiamo ad esempio Giulio Andreotti. La stragrande maggioranza degli italiani pensa che sia stato assolto, mentre è stato condannato dalla Cassazione, ma i reati erano intanto caduti in prescrizione. La verità non è stata comunicata, è stata stravolta.

Si chiude con una considerazione di Caselli
Caselli: ricordiamoci sempre che l'Italia e' il paese della Mafia, ma anche il Paese dell'antimafia come testimoniato dalle numerose persone morte nell'adempimento del proprio dovere e, tornando al documentario, dalla figura del capo della Squadra Mobile di Trapani Giuseppe Linares, comprimaria di quella di Provenzano e che bene rende la vita, l'attivita' e l'eroismo di chi si spende per la cattura di un boss.

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