07 Settembre 2007 - Conferenza stampa
"Heya fawda (Le Chaos)"
Intervista al cast.
di Monica Cabras
In conferenza a presentare il film sono presenti i registi Youssef Chahine e Khaled Youssef, gli interpreti Khaled Saleh, Hala Sedky, Youssef El Sharif, e i produttori Gabriel Khoury e Jean Brehat
L'idea del caos espressa nel suo film è una caratteristica tutta egiziana o è un concetto universale?
Youssef Chahine: Credo che sia universale. In tutti i paesi c'è qualcosa che non funziona, qualcosa di grave, è come una malattia che fa si che chiunque arrivi ad un determinato livello, ufficiali o uomini di potere, c'è qualcosa dentro che comincia a rodergli, impazziscono, diventano anormali, cominciano a dimenarsi. È qualcosa che capita anche agli attori, perché se fanno un film che fa successo, cominciano a credersi Dio in terra. Ma Dio si arrabbia.
Khaled Youssef: Concordo col maestro che sia un'idea universale. È una cosa reale che comprende tutti i paesi che hanno il sostegno degli Stati Uniti, che sono l'unica superpotenza al mondo, e ciò fa si che i despoti siano al potere dei paesi del terzo mondo. L'idea del caos universale tocca aspetti della politica statunitense che colpisce i paesi del terzo mondo.
Come fa lei ad avere uno sguardo così giovane dal punto di vista cinematografico?
Youssef Chahine: Perché sono giovane, ho solo 81 anni, anche se pensavo di averne 84. Io spero che l'immagine spieghi quello che provo e penso. In genere evito di guardarmi allo specchio, è stupido guardarsi e pensare che si sta invecchiando. Vedo che ci sono persone più grandi di me che continuano a lavorare bene, come Oliveira, che è più grande di me e l'altro giorno quando l'ho incontrato mi ha quasi stritolato la mano. Lui è una figura giovanile, fa un film all'anno, si fa tutti i festival, non ne perde uno. È di una giovinezza eccezionale che mi da speranza. 81 anni in confronto a lui sono pochi. La vecchiaia non è solo una questione di fisico, vuol dire anche lasciarsi andare a diventare vecchi. A volte incontro ventenni che sembrano più vecchi di me.
Cosa pensa delle manifestazioni giovanili?
Youssef Chahine: Ai giovani non viene mai concesso quello che chiedono. Nel mio paese esistono degli strumenti di tortura, dei tavoli dove mettono i giovani che hanno protestato. Io partecipo sempre a tutte le manifestazioni giovanili. Ho imparato a schivare i colpi dei poliziotti, che io chiamo "le milizie". Si dice che siamo in democrazia, ma è una democrazia molto particolare che non esiste solo da noi, anche nei paesi europei. Queste milizie stanno ovunque, tutti quelli che stanno al potere hanno delle milizie. Anche Sarkozy ha mandato un numero di uomini tre volte superiore a quello dei manifestanti, ed avevano dei bastoni, anche elettrici.
Come fa a mantenere sempre la stessa collera?
Youssef Chahine: Sono loro che mi aiutano a rimanere in collera, perché sono cattivi. Non ci può essere manifestazione senza che la milizia sia presente. Io insegno ancora all'istituto di cinematografia, se tutta la mia classe non partecipa alla manifestazione, allora mi arrabbio, e questo si ripercuote sugli esami, chiedo loro cosa pensano e se lottano per quello che pensano. I giovani devono andare alle manifestazioni, non rimanere a letto a dormire, e qualche colpo in testa può solo aiutarli a crescere, almeno un pochino. Non hanno fatto nulla per placare la mia collera. Se si vuole partecipare alle manifestazioni bisogna farlo, io partecipo sempre, per principio.
I suoi modi narrativi somigliano a quelli tipici degli anni 50 del cinema italiano...
Youssef Chahine: Il cinema italiano degli anni 50 è meraviglioso, abbiamo tutti cercato di copiarlo e a volte imitarlo. Da Visconti a Fellini e Antonioni e Rossellini.
Com'è la rappresentazione dell'universo femminile?
Youssef Chahine: Ancora oggi le donne sono più forti della polizia, non capisco se lo fanno perché sono stupide e perché non sanno quello che potrebbe capitare loro, o se hanno un carattere forte. I più grandi militanti sono state donne, anche se vengono prese a bastonate non imparano la lezione, continuano a protestare. Le donne da noi sono le più forti e in genere ottengono ciò che vogliono perché si ribellano, e sono le italiane quelle che hanno cominciato, perché sono le più forti.
Khaled Youssef: La donna in Egitto è forte, ma non riesce ad ottenere quello che vuole, i suoi diritti vengono spesso violati, e questo si vede anche nel film, dove la donna viene violentata, umiliata.
La contrapposizione tra polizia e magistratura in Egitto è come la vediamo nel film?
Youssef Chahine: C'è una continua lotta tra polizia e stato, cioè giustizia. Le donne mal sopportano le ingiustizie.
Khaled Youssef: Il rapporto tra polizia e magistratura è caratterizzato da un conflitto molto forte, la magistratura cerca di applicare la legge, mentre la polizia è fascista e prepotente, così funziona nel terzo mondo.
Nel film dove finisce Youssef Chaine e dove comincia Khaled Youssef?
Khaled Youssef: Il film è Chahine al 100%. Sono sempre stato molto attento a mantenere il sapore di Chahine. Quando lavori con un maestro come lui non puoi fare altro che nasconderti dietro di lui. Io ho cercato sempre di avvicinare la mia visione alla sua, per avere una struttura omogenea e solida.
Youssef Chahine: Khaled è molto modesto, non come altre persone uscite dalla mia scuola, saranno stati sei settecento, lui è l'unico veramente onesto.
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