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23 Febbraio 2010 - Conferenza
"Genitori & Figli - Agitare bene prima dell'uso"
Intervista a Veronesi e il cast.
di Francesco Lomuscio
In occasione dell'uscita cinematografica di "Genitori e figli: Agitare bene prima dell'uso", sua ultima fatica, il regista Giovanni Veronesi, affiancato dai produttori Luigi e Aurelio De Laurentiis e dal cast, hanno incontrato a Roma la stampa.
Come mai, dopo i due "Manuale d'amore" e "Italians", avete abbandonato la struttura ad episodi per dedicarvi ad un'unica storia con molti personaggi?
Giovanni Veronesi: Quando vado a discutere con Aurelio e Luigi inventiamo sempre quattro storie, anziché una sola; questa volta, però, volevamo disintossicarci dagli episodi e avevo voglia di un racconto più unitario. In questo caso, hai più spazio e più tempo e i personaggi possono essere descritti meglio.
Nel film si parla anche della famiglia allargata…
Giovanni Veronesi: Sì, io non credo nella famiglia allargata, perché una famiglia non nasce allargata, preferisco chiamare "branco" il nucleo centrale, anche se non credo tanto neanche a quello. Nel bene e nel male, le persone che ti condizionano la vita sono quelle del tuo "branco". Per esempio, nella scena delle ceneri loro sono un "branco"; e quella scena è vera, perché anche io e mio fratello siamo andati a spargere le ceneri in acqua e dopo ci siamo tuffati. La famiglia allargata è solo un compromesso, non esiste.
Cosa potete dirci, invece, del razzismo che caratterizza nel film il figlio più piccolo?
Giovanni Veronesi: Sì, l'idea del ragazzino razzista viene dal ciò che mi ha raccontato un amico toscano che fa il professore, il quale ha avuto a che fare con una famiglia progressista, di sinistra, ritrovatasi in casa un piccolo Hitler, particolarmente pieno di odio per i cinesi, perché è di Prato (ride). La cosa mi sembrava da un lato divertente, ma dall'altro demoniaca. Comunque oggi, con l'inserimento dei ragazzi extracomunitari nelle scuole può succedere di tutto, anche che si sviluppino forme di razzismo.
Luigi De Laurentiis: Poi, sarebbe sufficiente vedere su face book la pagina contro i bambini down che è vergognosa.
Giovanni Veronesi: Sì, ma poi anche queste ragazzine che vengono pagate per ballare sul cubo in discoteca il sabato pomeriggio…
Luigi De Laurentiis: Non solo vengono pagate, ma vengono depositate lì dai genitori.
Tra l'altro, come mai nella sequenza in discoteca è presente la versione di "Over the rainbow" dei Me first and the Gimme gimmes?
Giovanni Veronesi: Mio nipote, che va in discoteca a Calenzano, vicino Firenze, dice che lì la mettono sempre, quindi, sapendo che a fine film ho messo un'altra versione di "Over the rainbow", mi ha detto: "Zio, perché non ci metti anche questa?".
Cosa potete dirci del rapporto tra Silvio Orlando e Luciana Littizzetto?
Giovanni Veronesi: E' andata abbastanza bene. Io stimo immensamente Luciana, la ritengo un'attrice completa anche se, con ogni probabilità, è più famosa per i suoi monologhi o per i suoi duetti con Fabio Fazio. Negli ultimi anni, poi, Giovanni ha creato un ponte con attori non comici, coinvolgendoli anche in storie che lo sono.
Qui c'è una forte indignazione nei confronti del presente. Si è ispirato a fatti reali?
Silvio Orlando: Per quello che riguarda la parte esplicita (la storia di Christian) è evidente che questa attinge a mani basse alla cronaca degli ultimi anni. La parte delle macerie bolognesi, Fiamma e suo figlio, questa parte è ispirata alla realtà, perché ragazzi come Nicola Nocella esistono, non sono frutto della mia fantasia, non sono stati disegnati in 3D, nella mia troupe ne ho tre che lavorano così, che sono così. Se il film è riuscito lo dobbiamo molto Nicola, ha dato una sua sensibilità interpretativa che non era facile trovare. Quando cerchi una bella ragazza per un provino ne vengono 3000 se ne cerchi una non avvenente ne vengono in 11, come per il Papà di Giovanna. Così è anche per i ruoli maschili.
Luciana Littizzetto: Quando mi hanno detto che sarei stata la moglie di Silvio Orlando mi sono molto gasata (ride), perché è un attore consumato. Quello che interpreto, in sintesi, è il personaggio di una donna che si trova continuamente a fare i conti con i suoi fallimenti, ma che, comunque, è viva.
Silvio Orlando: Poi, tutta questa compagnia si regge sugli occhietti della protagonista Chiara Passarelli. Lei, tanto per citare un film che sta per uscire e che ci spaventa un po', è la nostra Alice nel paese delle volgarità.
Tra i temi affrontati nel film, infine, c'è quello del figlio desideroso di partecipare al Grande fratello…
Giovanni Veronesi: Sì, in fin dei conti si tratta semplicemente di una discussione nata tanto per discutere. Una delle cose più antipatiche su cui discutere nasce quando tuo figlio, che credi essere un tuo prolungamento, si trova a fare una scelta così estrema. Una scelta che lo porta a cercare una scorciatoia, mentre tu sei padre di sessant'anni che, come Michele Placido nel film, ha studiato e lavorato molto per avere uno stipendio da professore. E ho messo il Grande fratello perché non è un reality qualsiasi.
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