La vita è un fischio    "La vita è un fischio"
siamo andati a vederlo, in anteprima, per voi.

Resoconto del nostro inviato Valerio Salvi

Diario del "Visionario"
(Martedì 23 Maggio 2000)

Oggi, in linea anche con il clima caldo-estivo che avvolge Roma, è prevista l'anteprima del film "La vita è un fischio", di Fernando Pérez; film cubano sul raggiungimento della felicità interiore. Leggo il nome della sala: "Quattro Fontane" e immediatamente mi trasformo in una statua dello Stadio dei Marmi. Una delle peggiori sale di Roma! Sedioline per bambini di 8 anni con un corridoio tra una fila e l'altra concepito da un architetto andino (popolo notoriamente brevilineo).

Il film mi colpisce immediatamente per un difetto di fotografia: spesso le teste degli attori sono tagliate in cima e non si tratta, a detta del cameraman di un problema di pellicola. La storia vuole essere una sorta di "Pulp Fiction" ispanico. Le vite di 3 personaggi apparentemente slegati tra loro, si intrecciano per giungere al finale rivelatore. Certo il ritmo non è quello di Quentin Tarantino, anzi è decisamente cubano. I tempi si dilatano e il tutto è scandito dalla musica dell'Havana (Benny Moré - Bola de Nieve).

Personalmente, anche se ci viene fornito uno spaccato sociale dell'isola, ritengo alcune scelte del regista dettate da un "buonismo" eccessivo. Ci viene mostrata un lato della Cuba povera, ma è comunque patinato e costruito per evitare shock al pubblico (sono stato a Cuba e decisamente non credo che il protagonista avrebbe avuto in casa una bottiglia di rum Havan Club Gran Riserva). Nelle scelte bisogna assumere posizioni chiare: o un "film verità" o uno "politically correct".

Numerosi i momenti onirici ben scanditi dalla diversa scelta di luci tra il prologo e la storia vera e propria. I movimenti di macchina sono sempre molto "scolastici", ma è presente qualche inquadratura, per lo più statica, decisamente interessante. Sicuramente Elpidio (Luis Alberto Garcia) risulta essere il personaggio meglio caratterizzato e più interessante. In lui troviamo tutti i caratteri tipici del popolo cubano: il rapporto di amore ed odio viscerali con la loro patria; la voglia di evasione che si accompagna ad una sorta di "vertigine da libertà" tipica di quelle persone che hanno trascorso un tempo troppo lungo rinchiuse in un carcere, anche solo ideologico; e la necessità di avere un ideale superiore che gli illumini il cammino (di solito in questi casi il Governo fornisce il Che).

Curiosità: nell'incidente del taxi, si nota che il faro sinistro si sgancia prima dell'impatto con il chiosco.

Indicazioni: Riservato a chi ama le retrospettive sul cinema etnico o sugli autori emergenti.


  
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