16 Ottobre 2007 - Conferenza stampa
"Quel treno per Yuma"
Intervista al cast.
di Federica Di Bartolo
Alla presentazione dell'innovativo remake dall'ampio respiro di "Quel treno per Yuma" erano presenti Russell Crowe e Gianpaolo Letta
Nel film "Un'ottima annata" aveva scelto l'abbigliamento ispirandosi al guardaroba di suo zio ed anche in questo film ha dato una mano ai costumi per il suo personaggio, stavolta però a cosa si è ispirato?
Russell Crowe: Io voglio dare sempre un contributo su cosa il mio personaggio deve indossare. In realtà la chiave del mio personaggio è il fatto che è molto bravo a fare ciò che fa, per cui non ha bisogno di vestirsi come un povero cowboy, dice infatti ad un certo punto che ha rubato 400 mila dollari e in realtà non sappiamo cosa succederà in futuro e cosa è successo in passato. Ho sempre avuto in mente che quando parla di questa "casa" al di là del fiume, in realtà sta parlando di questa bella fazenda dove conduce una vita completamente diversa e dove vive con i quattrini che ha rubato. Oltretutto è vestito per poter far entrambe le cose, sia andare in campagna, come quando va a rubare, sia andare in città a spendere quei soldi. E' sempre vestito in maniera adeguata. Viaggia molto leggero, infatti porta solo un cambio. Il materiale con cui sono fatti questi vestiti è di ottima qualità, la cosa che piace soprattutto a mia moglie è che ha questi inserti di pelle al livello del cavallo. Dato che deve cavalcare, tali inserti fanno sì che il pantalone resista meglio all'usura del tempo e al logorio della cavalcata. Quello che abbiamo comunque sempre tenuto presente è che è un uomo di successo e quindi, diversamente da altri banditi dei western, anche nell'abbigliamento dimostra che può disporre di soldi, e quindi scegliere un materiale di tipo diverso, fatto per durare a lungo nel tempo. Anche la sua pistola, che viene chiamata la mano di Dio, se ci fate caso ha sull'impugnatura un crocifisso d'oro massiccio. Il fatto che io abbia scelto di indossare nel film un cappello diverso da quello del solito cowboy ha provocato parecchia costernazione, però, se uno va a guardare le foto dell'epoca, ci si rende conto che non tutti indossano gli stessi cappelli a tese larghe, c'erano vari stili.
Qual'è l'eroe dei film western che l'ha influenzata di più, da Clint Estwood a John Wayne? Qual'è il fascino del cinema western?
Russell Crowe: Devo dire che i western americani non mi piacciono molto, in ogni caso hanno questa etica molto semplice dove i buoni hanno i cappelli bianchi e i cattivi quelli neri, ma in effetti secondo me è qualcosa che va ben al di là, c'è qualcosa di più. Personalmente non ho tratto nessuna ispirazione dai film americani, ovviamente ben diversi sono i western di Sergio Leone e proprio questi forse mi hanno in un certo senso ispirato di più, insieme a quelli realizzati in Australia ambientati nello stesso periodo. Quanto ai personaggi e attori che hanno lavorato nei film di questo genere, se guardo a John Wayne, quelli che mi piacciono di più sono quelli che contengono una vena d'umorismo. Ho cercato di essere il più creativo possibile, senza trarre ispirazione, sebbene mi colpisse come era presentato il personaggio del cattivo. Nel realizzarlo sono partito dall'aspetto di cui ho parlato prima e poi dall'idea che quanto sia veramente cattivo, spietato e fatale si capisce solo negli ultimi minuti; certo si possono cogliere qua e là dei momenti in cui la sua etica e morale sembrano avere degli sbandamenti.
L'ha mai imbarazzata il confronto con il personaggio del film del 1957?
Russell Crowe: In realtà no, perchè basta guardarlo per capire quanto fosse basso il budget che avevano a disposizione per realizzare la pellicola. Quel film era ambientato in una sola stanza, mentre noi volevamo allargare la prospettiva, far vedere il viaggio, non solo sentirlo raccontare. Bisogna sempre capire di quale film si sta cercando di fare il remake e io non credo che l'originale sia da considerare un classico. Certo la cosa più bella era il dialogo, per cui se riesci a fare un film con la stessa storia utilizzando per giunta lo stesso dialogo, si ha una piattaforma migliore da cui partire. Anche il rapporto fra i due personaggi, che si sviluppa nel giro di 4 giorni e non in pochissime ore, è sicuramente molto meglio e oltretutto Dan Evans è un personaggio che deve affrontare Wade, che non è solo ciò che ha sentito raccontare, l'assassino, lui lo vede materialmente ammazzare le persone e questo alza la posta in gioco fra i protagonisti. Devo dire che nella realizzazione di questo film non si è dovuto tener conto di elementi etici presenti nell'America degli anni '50 e quindi, da questo punto di vista, è sicuramente meglio.
Lei qui è un bandito sanguinario un po' filosofo, mentre nell'ultimo film era un poliziotto integerrimo, cosa la diverte di più fare il buono o il cattivo?
Russell Crowe: Avete visto American Gangster? Non credo che il mio personaggio sia propriamente buono, magari rubare non ruba, però la patta dei pantaloni non la tiene chiusa, quindi forse non è così corretto. La moralità è fatta di molte altre cose, non solo del non rubare. Quello che mi affascina sono gli esseri umani per quanto contorti, strani, belli, onorevoli riescono ad essere, mettendo insieme tutte queste caratteristiche.
Secondo lei il suo personaggio soffre della sindrome di Stoccolma?
Russell Crowe: C'è l'opposto della sindrome di Stoccolma? Funziona da entrambe le parti?
In realtà la sensazione che ho è che il mio personaggio non ha mai avuto problemi con Evans, lo ha inquadrato, ha capito subito che per lui non era una minaccia. Semplicemente quello che lo colpisce e che gli fa sviluppare una forma di rispetto per Dan Evans è il fatto che sia così determinato e convinto a portare avanti il suo compito, il suo lavoro. Lui vuole aiutarlo a riguadagnare l'amore della sua famiglia e il rispetto di suo figlio, perchè si rende conto che non è mai stato un pericolo. Per questo non ha con Evans quel modo di fare che invece vediamo con il personaggio interpretato da Peter Fonda o altri, che sono per Wade una vera minaccia.
Venezia ha quest'anno presentato una rassegna del western all'italiana e vediamo un grande interesse da parte del pubblico, quindi perchè non riproporre noi italiani un western all'italiana al posto degli americani?
Gianpaolo Letta: L'interesse per il western mostra che tale genere di film piace ancora, anche alle nuove generazione. Posso dire che sul mercato italiano ci sono uno o forse due progetti western, di cui ovviamente non dirò nulla.
Russell Crowe: Devo dire che Yuma è un film indipendente con budget basso e forse se fosse stato realizzato dagli Studios sarebbe costato di più.
I western realizzati anche recentemente non hanno una storia e prospettiva originale, la cosa che mi era piaciuta di questa sceneggiatura e nel film originale è che la storia è diversa. Il personaggio di Dan Evans si trova davanti ad un'occasione unica nella vita, di cambiare completamente il proprio destino, cosa che non si vede frequentemente. L'interesse c'è, ma ci deve essere anche l'impegno a realizzare una storia nuova, fresca e originale. Il western riguarda il paese che si stava aprendo al progresso e l'arrivo della ferrovia, questi elementi sono comuni a tutte le trame, ma quello che a me interessa è il cuore delle persone.
A cosa sta lavorando?
Russell Crowe: Sto girando con Di Caprio "Gruppo di Bugie", che parla della CIA. E' il quarto film che faccio con il regista Ridley Scott.
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