SoloMetro
Aveva voluto conoscere a tutti i costi Monicelli, del quale è diventato assistente, e con cui ha iniziato una collaborazione di oltre dieci anni. Marco Cucurnia è entrato così in confidenza anche con Michele Placido, che gli ha prodotto questo film d'esordio, arrivato dopo un documentario sulla sua città (Genova, amore mio, con Paolo Villaggio) e uno proprio sul maestro di riferimento (Mario Monicelli, l'artigiano di Viareggio), omaggiato pure con un minuscolo cameo in questa pellicola. Filo conduttore, come da titolo, un immaginario giornale quotidiano gratuito tipo i diversi in circolazione: formato maneggevole, notizie brevi, annunci di vario tipo che mettono in contatto le persone. Luogo di diffusione d'eccellenza, la metropolitana. Con il suo via-vai frettoloso e distratto, ideale laboratorio per incontri casuali.
Nato e cresciuto il Liguria, Cucurnia si era fatto un'immagine di Roma attraverso neorealismo e commedia all'italiana, dove protagonisti sono non solo gli attori, ma gli spazi stessi. Insomma, la città. Ha provato quindi un senso di smarrimento trovandosi di fronte a una metropoli che ha perduto memoria e identità, alleva solitudini e indifferenza, è divenuta sospettosa e incattivita ("tocca sta' co' cent'occhi, qua" dice uno dei protagonisti). Autore anche della sceneggiatura, il regista si è rifatto a quel modello di cinema - con voce narrante e una coralità sociologica - ma solo scimmiottato. A parte l'Urbe riconoscibile dai suoi simboli colti da prospettive ricercate e in lontananza, la fotografia è televisiva. Meno male che Augusto Fornari porta almeno una botta di vita - nell'inconsistenza generale delle interpretazioni e della girandola di intrecci - con la caratterizzazione di un perdigiorno disonesto che s'arrangia, occhi indolenti e battute a raffica che ogni tanto vanno a segno.
La frase: "mio cugino c'ha 'n'erboristeria…dentro casa"
Federico Raponi
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