Seta
Questa trasposizione cinematografica del romanzo “Seta” di Alessandro Baricco ha avuto una gestazione lunga 10 anni, all’inizio dei quali il primo nome in circolazione per la regìa è stato proprio quello di François Girard. L’operazione era considerata difficile, ma non così per Girard, che perseverando ce l’ha fatta. Una bozza del trattamento Baricco l’aveva già preparata, ed è poi intervenuto con suggerimenti - ma discretamente e senza interferire - durante la stesura del cineasta canadese (in collaborazione con Michael Golding). Il quale è anche scrittore che lavora per cinema, teatro (dello stesso Baricco ha portato in scena “Novecento”), opera, riprese di esibizioni e concerti, video e pubblicità. Ed ha anche la passione per la musica, come testimoniano i film “trentadue piccoli film su Glenn Gould” e “il violino rosso” (premiato con l’Oscar per la migliore colonna sonora originale), oltre a “la sinfonia dei salmi” di Stravinskij per il palcoscenico.

Un uomo e un’ossessione per un’ enigmatica donna, lontana geograficamente e per cultura. Può, ciò, valere la morte di un innocente, il tradimento delle aspettative economiche dei compaesani e soprattutto quelle sentimentali della moglie, che appassionatamente continua a volerlo (“devo dargli un motivo per tornare” e “al mondo non c’era più niente di bello”, dice prima e dopo il suo ritorno)? Piuttosto che in sommovimenti interiori e scelte travagliate, la pellicola è però tutta impegnata nella ricerca paesaggistica, quasi che al posto del protagonista ci sia una guida per viaggi. Colpa pure di un Micheal Pitt inespressivo, al posto di un complesso personaggio sfuggente anche a sé stesso (“niente di tutto questo è ciò che sono”), arrendevole (“decidete voi”) e allo stesso tempo più abile e capace di quanto sembra nel commercio e nella diplomazia (“la guerra è un gioco dispendioso. Voi avete bisogno di me”). Con aggiunte di umorismo (“perché smise di parlare?”. “E’ una delle molte cose che non disse mai”, oppure: “sono due anni che proviamo ad avere un bambino”. “Dobbiamo impegnarci di più”), un’opera rarefatta ma sostanzialmente vuota.

La frase: "Forse ho bisogno di raccontarlo a qualcuno".

Federico Raponi

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