Sarà un Paese
È più importante nascere in un posto o crescerci?
Il primo lungometraggio diretto dal romano classe 1982 Nicola Campiotti – autore del documentario “Parole d’Ercolano” (2003) e di diversi short – non parla di cose nuove, ma prova a raccontarle in maniera inedita, attraverso lo sguardo di un bambino.
Un bambino di dieci anni con le fattezze del figlio di iraniani Elia Saman che, sulle tracce dell’eroe fenicio Cadmo, cui il mito attribuisce l’introduzione in Grecia dell’alfabeto, affianca il fratello Nicola (lo stesso regista), incerto sul futuro, in un viaggio in giro per la penisola alla ricerca di un nuovo linguaggio finalizzato a ridare alle cose il loro giusto nome ed a restituire un senso alle parole.
Un viaggio la cui prima tappa, a Forlì in compagnia della dodicenne Matilde Gardini, affronta la tematica dell’inquinamento ambientale e degli inceneritori; anticipando la seconda, a porto S. Elpidio nelle Marche, che detiene il primato europeo per numero annuo di incidenti sul lavoro.
Per poi passare, tra piccoli hindu, ebrei, musulmani, le celebrazioni di Hanukkah a Firenze ed un incontro con il fondatore della prima moschea della capitale tricolore, alle diverse tradizioni religiose ed alla cittadinanza e l’identità culturale di stranieri nati in Italia da genitori immigrati.
Ma, ovviamente, non mancano neppure un fondamentale sguardo alla disoccupazione giovanile, alla fuga dei precari dalla loro patria, alla difesa del territorio e delle aree protette, alla lotta all’abusivismo edilizio ed alla battaglia intrapresa dalla comunità di Boschetto, in Umbria, contro la privatizzazione della sorgente del paese.
Evento, quest’ultimo, preso ad esempio per offrire una riflessione sul tema dei beni comuni; man mano che si parla degli effetti e delle conseguenze di un governo buono e di uno cattivo e che “il protagonista in miniatura” racconta ad un gruppo di donne scalze sui Monti Sibillini l’anima mundi e l’interdipendenza di ogni essere vivente.
Senza dimenticare un confronto in Calabria con l’economista francese Serge Latouche, la lettura degli articoli della Costituzione ed i problemi del pizzo e dell’illegalità in Campania, preda della camorra.
Al servizio di circa settantasette minuti di visione che, atti, inoltre, ad affermare che le lumache sono a conoscenza del fatto che una crescita infinita è impossibile in un mondo finito, rimangono continuamente sul confine tra il documentario e il prodotto di finzione con l’intento di suggerire – tramite un tono leggero e principalmente indirizzato al pubblico dei giovanissimi – che non è mai troppo tardi per continuare a sperare.
Perché una nazione colta è il peggior nemico di un governo corrotto.
La frase:
"Lascio questo paese perché mi ha stancato, mi ha tradito".
a cura di Francesco Lomuscio
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